Nessuno li può giudicare. Non solo. Nessuno può chiedere ai magistrati di essere coerenti, almeno, quando si auto-giudicano. Non provateci. Il Csm si ribella. Non solo ai test psicoattitudinali, ma persino alle “pagelle”.

Oggi il Consiglio superiore ha messo a punto, sull’ultimo decreto Nordio, un parere che boccia persino l’articolazione delle “valutazioni di professionalità positive” (storicamente, il 99% delle valutazioni totali) in “discreto”, “buono” o “ottimo”. Povero Nordio, povera Cartabia: entrambi avevano avuto la balzana idea che è meglio sapere in anticipo se un magistrato è bravo, cosi se un domani dovesse concorrere per essere nominato a capo di una Procura, il Csm si troverebbe già avanti col lavoro. Niente: manco questo va bene.

Dice il Csm, nel proprio parere sul decreto, che così “si alimenta il carrierismo”. Meglio il piattume indistinto, quindi. E le scelte basate sull’imperscrutabile discernimento del plenum (o dovremmo dire delle correnti?...). E non sia mai che il governo introduca veramente i test psicoattitudinali: lesa maestà. Nessuno può misurare la loro professionalità e neppure il loro equilibrio. Sarebbe come intromettersi nelle cose divine. Chi è magistrato è superiore a tutto. È in un empireo in cui si è semplicemente perfetti. E come la riformi, la perfezione?