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È stata assolta dall’accusa di omicidio volontario Marzia Corini, medico anestesista, imputata per aver ucciso nel 2015 il fratello Marco Corini, avvocato di vip e calciatori, con un’overdose del sedativo Midazolam. A deciderlo è stata la Corte d’Assise d’appello di Milano, dove il processo era tornato dopo un annullamento con rinvio da parte della Cassazione.
«Ringrazio tantissimo i miei avvocati per aver creduto in maniera così forte che alla fine avremmo avuto giustizia - ha commentato, a caldo, Corini al Dubbio -. E ringrazio tutte le persone che hanno creduto in me e mi sono state vicine. Senza di loro non sarei mai riuscita ad uscire da questo inferno durato otto anni». «Il primo pensiero – ha aggiunto – è che questo sistema è sbagliato: non si possono patire le pene dell’inferno, penso a chi non si può permettere una difesa come la mia. Ora comincerò a elaborare il lutto di mio fratello e ricomincerò ad avere la mia privacy».
La procuratrice generale Francesca Nanni, che ha riconosciuto le attenuanti generiche, aveva chiesto il minimo della pena, 14 anni e due mesi. Secondo la pg, «sicuramente è mancato il consenso» e il movente sarebbe anche economico, perché «è un dato di fatto che ci sia stata una contrapposizione forte, anche con mire economiche» legate al testamento. Per l’avvocato Vittorio Manes, che difende la dottoressa insieme al collega Giacomo Frazzitta, Corini doveva invece essere assolta, «perché la sua condotta come sorella e come medico è stata ineccepibile». Inoltre, «non è provato oltre ogni ragionevole dubbio che la causa di morte in concreto sia stata quella somministrazione».
Corini era stata arrestata nel febbraio del 2016 e condannata a 15 anni dal tribunale di La Spezia. Il movente, secondo i giudici che la condannarono, era duplice: da un lato quello economico, che avrebbe portato a falsificare il testamento per intascare la corposa eredità, e dall’altro quello “pietoso”, per porre fine alle sofferenze del fratello. E prova principe del processo è una telefonata intercettata mentre la procura indagava su di lei per la presunta falsificazione del testamento, quando, in preda al dolore per la morte del fratello, si lasciò sfuggire una frase considerata una vera e propria confessione: «È stata colpa mia – disse ad un’amica –, se non lo avessi sedato non sarebbe morto quel giorno. Soffriva troppo, non reggevo più a vederlo soffrire».
La sentenza di condanna era stata ribaltata nel maggio 2022 dalla Corte d’appello di Genova, che l’aveva assolta. Ad aprile dello scorso anno, poi, la Cassazione aveva annullato con rinvio l’assoluzione per difetto di motivazione. «Pensavo che la guerra fosse quella con le armi, nei posti in cui andavo a lavorare, invece non è vero. Ce n’è un’altra - aveva spiegato lo scorso anno, dopo la sentenza di Cassazione, Corini al Dubbio -. Come qualsiasi persona perbene ho sempre pensato di non poter incappare mai nella giustizia. Invece ho scoperto un mondo, un mondo incredibile. Io ero Davide e la giustizia Golia, ma stavolta Davide non aveva la fionda. Si finisce in una spirale dove, alla fine, vale tutto, anche prendere in considerazione di togliersi di mezzo perché tanto non si vede la luce».