LA VITTORIA

Il ferro che era stato piegato contro il Vecchio Continente prima dalla Brexit di Boris Johnson e poi da Trump con rischio di strangolare l’Europa è stato raddrizzato dalla Francia di Macron.

Per questo il voto francese è un voto di svolta epocale che si allunga molto oltre l’ombra della Torre di Eiffel.

A All’ombra della torre Eiffel rinasce l’Unione europea Ma ora liberiamoci del vincolo dell’unanimità

IL FERRO CHE ERA STATO PIEGATO PRIMA DALLA BREXIT E POI DA TRUMP CON IL RISCHIO DI STRANGOLARE LA PROSPETTIVA EUROUNITARIA È STATO RADDRIZZATO DALLA FRANCIA DI MACRON

UNO. E’ a Parigi, il cuore della terra che per prima ha sognato un mondo di popoli con diritti uguali, che Putin ha perso la battaglia forse decisiva giocata in suo nome da Marine Le Pen. Perché in Francia si è votato per decidere il presidente di quella nazione. Ma prima ancora s’è votato per stabilire se il progetto di un’Europa sempre unita sui valori della democrazia dovesse procedere fino a modificare in modo significativo il contesto geopolitico mondiale oppure bloccarsi per chissà quanto ancora espellendo l’Europa dall’elenco dei protagonisti della storia del mondo.

Ed ha vinto Macron. Tutto il dibattito sulle percentuali e lo spostamento in avanti o indietro, che appassiona i perdenti e molti analisti e commentatori, è legittimo e utile. Ma non modifica di una virgola il punto fermo che è un altro: Macron vittorioso accelera ( consente di accelerare) la spinta verso l’unità europea già potentemente messa in moto dal Covid e poi rilanciata dalla guerra di Putin i due avvenimenti mondiali che spingono verso un’Europa unita e solida.

Del resto, per capire il valore di quanto è accaduto basterebbe immaginare per un attimo il contrario pensando ai giornali di tutto il mondo con la notizia che la signora Le Pen ha espugnato la Francia e affondato l’Europa. A Parigi, ne prendano atto tutti, si è consumato ( ancora una volta) un evento politico di prima grandezza. Per Putin che sullo sbriciolamento dell’Europa e sulle contrapposizioni e debolezze interne ai paesi che ne fanno parte aveva fatto conto, per poter progredire nei suoi progetti imperiali, è arrivata una pessima notizia.

Macron ha consapevolmente perseguito e messo sul tavolo la posta europea. Nel suo linguaggio e nei suoi interventi, elettorali e no, prima e dopo la sua affermazione, ha sempre intrecciato e collegato Francia ed Europa.

E non ha mai proposto la soluzione di un qualche problema del suo paese al di fuori di questo contesto. Sapeva che così facendo avrebbe aperto inevitabilmente grandi spazi alla Le Pen e al suo nazionalismo strategicamente e radicalmente antieuropeo. Ma sapeva anche che il vincitore, sia pure di un solo punto, di uno scontro così impostato avrebbe messo un’ipoteca decisiva sul futuro della Francia e dell’Europa.

Insomma, il ferro che era stato piegato contro il Vecchio Continente prima dalla Brexit di Boris Johnson e poi da Donald Trump con rischio di strangolare l’Europa è stato raddrizzato dalla Francia di Macron. Per questo il voto francese è un voto di svolta epocale che si allunga molto oltre l’ombra della Torre di Eiffel.

Lucido il primo commento sui risultati elettorali di Mario Draghi che ne approfitta per spingere sulla stessa linea: “Una splendida notizia per tutta l’Europa”. Algido, striminzito e sottilmente polemico il messaggio di Putin a Macron: “Ti auguro sinceramente successo nelle tue attività di governo ( cioè, gli affari interni della Francia e non oltre, ndr) così come buona salute e benessere”.

Col risultato elettorale della Francia diventa più chiaro il significato dell’impegno di Macron per le recenti aperture di Bruxelles che, come risposta al Covid, hanno consentito scelte di politica economica inedite come quelle che hanno dato via libera in Europa e anche in Italia al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza dopo la pandemia.

DUE. Le buone notizie comportano sempre una crescita di responsabilità. Non si può aspettare che tutti i capi di Stato europei arrivino alle conclusioni di Macron, Draghi, Schulz ( e altri ancora). Il processo di unità europea va accelerato con duttilità e con la stessa rapidità imposta dalle grandi emergenze mondiali. Hanno ragione quanti ( come per esempio in Italia fa da tempo Romano Prodi, più come esperto e studioso che come leader politico di parte) chiedono coraggio decisione e rapidità. Il punto da spezzare è sempre quello antico che ormai è diventato un enorme masso sulla progressiva crescita e sul benessere per l’Ue: il vincolo dell’unanimità per qualsiasi decisione. O se si preferisce, che è la stessa cosa detta in altro modo, il diritto di veto da parte di ciascuna nazione europea. E’ vero che l’Ue in alcuni casi consente di aggirare questi ostacoli. Ma più l’Eu è diventata e diventa ampia più quella norma diventa un cappio al collo di qualsiasi iniziativa. Il passaggio del potere decisionale dall’unanimità alla maggioranza, e insieme una maggiore libertà di scelta delle nazioni dentro il più ampio quadro europeo, è ormai indispensabile. E urgente.