IIL REGNO UNITO È IL PRIMO A PARTIRE

A IL GIORNALISTA ACCUSATO DI AVER FOMENTATO MANIFESTAZIONI ANTI- GOVERNATIVE

Gestiva dalla Francia il canale Telegram di notizie “Ahmad news” E’ stato arrestato in Iraq nel 2019 dalla Guardia rivoluzionaria

Ancora una sentenza di morte in Iran, la Corte Suprema del regime degli Ayatollah ha infatti confermato, ieri, la pena capitale per il giornalista Ruhollah Zam.

«Sì, la Corte Suprema... ha confermato la sentenza emessa dalla Corte rivoluzionaria in questo caso», ha reso noto il portavoce dell’organo giudiziario Gholamhossein Esmaili. in una conferenza stampa trasmessa in diretta su un sito web della magistratura.

Il giornalista è accusato di aver provocato i disordini antigovernativi del 2017 attraverso il suo lavoro pubblicato sui social. Zam in realtà gestiva dalla Francia un canale di notizie chiamato Amad News mediante l'app di messaggistica Telegram, molto popolare in Iran e ancora utilizzata da decine di milioni di persone che aggirano il blocco imposto dalle autorità.

All'epoca, il canale Telegram di Zam condivideva spesso programmi sulle proteste in tutto l'Iran e dettagliava circa le dinamiche degli avvenimenti.

Nei video che venivano postati era possibile sentire distintamente gli slogan contro il presidente Rouhani e persino il leader supremo Ayatollah Khamenei.

Le proteste del 2017 sono ricordate come il più grande movimento popolare dopo quello scoppiato a seguito della controversa rielezione del presidente Mahmoud Ahmadinejad nel 2009.

Il detonatore dell’esplosione della rivolta fu l'improvviso aumento dei prezzi dei prodotti alimentari che innescò le prime manifestazioni a Mashhad. Rapidamente tutto l’Iran fu percorso dal movimento che dopo Rouhani mise in discussione tutto il sistema politico monolitico.

Zam è stato arrestato in Iraq nell’ottobre del 2019 nel corso di una strana operazione dai contorni non ben definiti, che lo stesso Corpo della Guardia Rivoluzionaria definì «complicata».

L’accusa ufficiale oltre a quella di aver fomentato le violenze di piazza che provocarono almeno 30 vittime, fu quella di aver complottato con l'intelligence francese e israeliana per cercare di destabilizzare l'Iran.

All’inizio di quest’anno il Tribunale rivoluzionario lo ha quindi condannato a morte.

Probabilmente sull’atteggiamento della giustizia iraniana ha pesato un’intervista rilasciata da Zam ad un programma sulla tv di Stato, per molti osservatori fuori dall’Iran ciò potrebbe aver equivalso ad una confessione pubblica.

A poco sono servite anche le proteste del padre del giornalista, il religioso Mohammadali Zam, che sempre la scorsa estate, ha scritto una lettera indirizzata al capo della magistratura Ebrahim Raisi e nella quale si contestava la condanna del figlio, in quanto non conforme alla «giustizia islamica».

Una tesi affermata, senza successo, anche dal giornalista che in tribunale ha respinto la maggior parte delle accuse mosse contro di lui, rivendicando il lavoro svolto solo come organo di informazione.