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A PAGINA 10 Lo strano caso della talpa a Perugia che colpisce solo Luca Palamara
L’ultima fuga di notizie sulle indagini che riguardano l’ex consigliere del Csm è legata a filo doppio con quella, più clamorosa, del 2019. Guadagno è solo un capro espiatorio?
C’è qualcosa che non torna nella vicenda della talpa di Perugia che ha inviato alla stampa le notizie sulla nuova indagine a carico di Luca Palamara. Una storia torbida, che si incastra nella più ampia telenovela iniziata il 29 maggio 2019, quando su Corriere e Repubblica vennero pubblicati i contenuti delle intercettazioni della cena all’Hotel Champagne sul cosiddetto “mercato delle toghe”, che causò una slavina di scandali sul Csm, portando alle dimissioni di diversi consiglieri e alla modifica degli equilibri di potere all’interno di Palazzo dei Marescialli. Oggi come allora, ad indagare sulle attività dell’ex presidente dell’Anm è la procura del capoluogo umbro, all’epoca guidata dal procuratore Luigi De Ficchy. Che però non mosse un dito per scoprire da chi fossero partite le veline ai giornali, servite, secondo Palamara, a bloccare la nomina di Marcello Viola alla procura di Roma e ridurre il potere delle correnti della magistratura fino a quel momento più potenti. Ora, invece, Raffaele Cantone non ha perso un secondo di tempo: due giorni dopo la pubblicazione di stralci della richiesta di archiviazione dell’inchiesta sulla Loggia Ungheria, l’ex presidente dell’Anac ha iscritto sul registro degli indagati un dipendente amministrativo, Raffaele Guadagno, scrittore di libri gialli nel tempo libero e autore, secondo la procura, della clamorosa fuga di notizie che ha avuto come protagonista Palamara. Guadagno, stando a quanto reso noto dalla procura, avrebbe fatto accesso abusivamente al sistema informatico della procura, scaricando alcuni documenti, tra i quali quelli relativi alla nuova indagine sull’ex toga. E a ricevere le informazioni scottanti, ancora una volta coperte da segreto, sono stati gli stessi due quotidiani, che hanno pubblicato due articoli praticamente identici sul caso. «Un fatto gravissimo», ha tuonato Cantone, palesemente infastidito dalla falla interna alla sua procura. Ma quella del maggio 2019 rimane la fuga di notizie più clamorosa: una vera e propria violazione del segreto istruttorio rimasta impunita, nonostante da due anni la procura di Firenze - alla quale Palamara si è rivolto per scoprire di chi fosse la “manina” - stia indagando sulla vicenda. L’ex pm romano non si è arreso e il nuovo fuggi fuggi di carte gli ha fornito l’occasione per rivolgersi ancora alla procura ora retta dall’aggiunto Luca Turco, sperando, questa volta, di avere risposte. Risposte che pretende anche dal ministero della Giustizia, al quale ha chiesto l’invio degli ispettori per chiarire cosa si agiti negli uffici giudiziari del capoluogo umbro. Anche perché l’idea che a gestire questo traffico di informazioni - finalizzato finora a colpire sempre la stessa persona - sia stato un dipendente amministrativo convince poco l’ex consigliere del Csm. Persuaso sempre di più che dietro ci siano ben altri mandanti, da individuare nel mondo della magistratura. Guadagno sembra, anzi, la vittima sacrificale ideale in questa vicenda: i suoi contatti con i giornalisti non sono un mistero e creano le condizioni perfette per rendere il sospetto sempre più fondato. Il quotidiano La Verità, nei giorni scorsi, ha reso noti molti particolari della vicenda, in seguito alla quale il dipendente della procura di Perugia ha accusato un malore che lo ha costretto al ricovero in ospedale. Un vero e proprio “sputtanamento” fatto di dettagli scabrosi sulle sue attività all’interno degli uffici giudiziari, compreso il presunto tentativo di fornire a Palamara prove di un complotto a suo danno. Si tratta, nello specifico, di tre informazioni, che Guadagno avrebbe offerto ad un intermediario, ovvero uno dei suoi avvocati. Si tratta di segreti importantissimi: la richiesta di astensione avanzata dalla pm Gemma Miliani - che rappresenta l’accusa nel processo per corruzione a carico di Palamara - e respinta da De Ficchy, le informazioni fornite dall’altro pm, Mario Formisani, all’ex procuratore di Perugia, andato in pensione a fine maggio 2019, e, soprattutto, l’esistenza di una trascrizione della famosa cena tra Palamara e Giuseppe Pignatone, registrazione misteriosamente scomparsa e la cui sussistenza è stata sempre negata dagli inquirenti. Palamara era però già informato di quei fatti, informazioni raccolte nell’ambito dell’attività difensiva legata all’utilizzo del trojan inoculato nel suo cellulare svolta dai suoi legali. Trojan sul quale l’ex consigliere del Csm non ha mai nascosto i suoi dubbi: serviva, a suo dire, per provocare un terremoto. Qual è, dunque, il ruolo di Guadagno in questa vicenda? Che ruolo gioca nella guerra tra procure ormai senza quartiere? Proprio alla luce di queste consapevolezze, infatti, l’ex pm è convinto che il dipendente della procura di Perugia possa essere il capro espiatorio ideale per non scoprire mai la verità sulla fuga di notizie. Anche perché sono troppe le tracce lasciate in questa occasione: è possibile che qualcuno abbia usato le credenziali del dipendente per scaricare gli atti e girarle ai giornali incastrando un “semplice” amministrativo? E perché colpire solo Palamara e ignorare tutto il resto degli atti? Interpellato dal Dubbio, l’ex presidente dell’Anm si limita a ribadire di voler approfondire il tutto nelle sedi giudiziarie: «Chiarirò ogni cosa quando e se verrà chiamato», dice laconico. Una frase, questa, che lascia intendere che forse il bubbone della procura di Perugia sta per esplodere.