Quali sforzi non farebbero i pubblici ministeri di Firenze pur di tenere aperta la quinta inchiesta sui “mandanti” delle stragi di mafia del 1993- 94? Poiché il filone principale, che vede indagati Marcello Dell’Utri e il ricordo di Silvio Berlusconi, è decisamente asciutto, ecco che ogni tanto nasce un fascicoletto che crea un nuovo affluente. Che consente di non archiviare mai. E anche ai Bibì e Bibò di Fatto e Domani di sostenere la “notizia” con almeno due successivi articoli a testa.

L’ultima trovata, del 14 e 15 agosto, è un avviso chiusura indagini per false dichiarazioni al pm, che non è ancora una richiesta di rinvio a giudizio, ma notizia sufficiente a nutrire le bocche di Bibì e Bibò con la pagnotta quotidiana anche in vacanza. L’avviso riguarda Giovanni La Lia, un signore che, agli occhi di questa tipologia di inquirenti, ha due sfortune, quella di essere siciliano e soprattutto il peccato mortale di avere aperto, nel 1994, un club di Forza Italia al suo paese. È una questione di tabulati telefonici e di contatti pericolosi che l’utenza di questo signore avrebbe agganciato nel 1993. Materiale fresco di giornata. Lui dice di non sapere e di non capire il perché di questi contatti. E due di quei “pentiti” del calibro di Gaspare Spatuzza, che non si fanno sfuggire nessuna occasione, dicono solo che saltuariamente un certo Giovanni faceva da autista a uno dei fratelli Graviano, i boss del Brancaccio condannati per le stragi mafiose del 1992. Ma non sanno se fosse quello lì. Situazione fragile e friabile, questo rigagnolo, tanto che il signor La Lia è indagato solo per reticenza, non certo per concorso in strage.

Situazione analoga è quella di un altro affluente del fiume targato Berlusconi- Dell’Utri, quello che riguarda Ilda Boccassini, di cui però né Bibì né Bibò fanno accenno nei quattro articoli di ferragosto. Eppure non è così lontano il maggio di quest’anno, data in cui la ex pm milanese aveva a sua volta ricevuto un avviso di chiusura indagini per lo stesso reato di reticenza, per essersi rifiutata di rivelare il nome di una fonte che il giornalista Giuseppe D’Avanzo le aveva confidato poco prima della sua morte. Non violerò la riservatezza del segreto di un amico che non c’è più, aveva detto in sintesi l’ex magistrata, ora in pensione, agli ex colleghi.

La vicenda girava ancora una volta intorno a Forza Italia, come se ci fossero in giro persone, tra cui qualche magistrato, che ancora non si capacitano del fatto che la creatura di Silvio Berlusconi in quel 27 marzo del 1994 avesse avuto la forza di sconfiggere la sinistra di Occhetto alle elezioni politiche, e poi di arrivare al 30% alle Europee, quasi eguagliando i fasti della Democrazia Cristiana dei suoi tempi d’oro. Forza Italia è nata sulla e con la mafia, è la tesi del filone d’inchiesta dei magistrati di Firenze, per questo ha vinto. Ipotesi che somiglierebbe solo a un teorema o piuttosto a un wishful thinking, se non fosse che, sulla base di questo assunto, la Procura di Firenze sta ancora indagando, dopo quattro fallimenti e archiviazioni su richiesta degli stessi pm, per il reato di strage mafiosa per le bombe del 1993 che provocarono dieci morti.

L’inchiesta fisarmonica è eterna, pare non chiudersi mai. Basta uno spiffero, un’intervista di un giornale amico, una comparsata tv come quella del gelataio Baiardo alla trasmissione di Massimo Giletti per dare una nuova spinta e aprire infiniti affluenti del fiume carsico principale. Ed evitare l’ennesima archiviazione, che sarebbe un peccato mortale, soprattutto per il pm Luca Tescaroli che ha seguito amorevolmente le tracce di Berlusconi dalla Sicilia, con le fallimentari inchieste “Oceano” e “Sistemi criminali”, fino alla Toscana. Dopo Baiardo, finito quasi in carcere, in attesa della Cassazione, con l’accusa di calunnia nei confronti di Giletti per la famosa storia di una ipotetica mai vista foto di Berlusconi giovane in compagnia del generale Delfino e, guarda caso, del boss Giuseppe Graviano, ecco arrivare un vero pezzo da novanta. Il generale Mario Mori, al quale, per suoi 85 anni, è stata fatta la festa con l’accusa di strage, associazione mafiosa ed eversione dell’ordine pubblico. Non avrebbe fatto nulla, sempre nel 1993, per impedire le bombe di Firenze e Milano.

Non sono bastati vent’anni di persecuzione con tre processi e tre assoluzioni, e in particolare quello per la bufala del secolo, il “processo trattativa”. Non sono bastati, evidentemente: il barile deve continuare a essere raschiato finché i cattivi non saranno sconfitti, magari perché, come nel caso di Berlusconi, non ci saranno più. Ma se crediamo ai detti popolari, di cui uno è particolarmente appropriato e dice che il diavolo fa le pentole ma non i coperchi, basta ispirarsi una volta di più a quel che dicono tra le righe i bravi Bibì e Bibò. Perché le loro preoccupazioni sono le stesse degli ispiratori dei loro manoscritti. Anche perché il tempo non è passato solo per Berlusconi, Dell’Utri e Mori, ma pure per magistrati che all’inizio di queste indagini erano giovani e ora non lo sono più, e fanno carriera, ovviamente per meriti.

Così uno dei due Luca di Firenze, l’aggiunto Tescaroli, quello emigrato in continente insieme ai fascicoli aperti e chiusi sulle bombe del ’ 93, è stato promosso a dirigere la Procura di Prato. E l’altro, quello considerato da Matteo Renzi il suo persecutore personale per le indagini su Open e sui suoi genitori, è procuratore a Livorno e prossimo alla pensione. E in una Procura come quella di Firenze, a quanto pare molto omogenea con simpatie per “Magistratura democratica” e “Area”, le due correnti di sinistra, il Csm ha mandato un procuratore capo come Filippo Spiezia, il quale ha sconfitto il rivale più gradito agli uffici del luogo, e che potrebbe rompere il gioco di specchi che produce all’infinito l’inchiesta fisarmonica. Anche perché, sempre secondo i bene informati Bibì e Bibò, per non mollare mai il ricordo di Berlusconi, se il nuovo procuratore non mette un freno, le indagini andrebbero a ritroso nel tempo non più solo fino a trent’anni fa, ma addirittura cinquanta, fino agli anni Settanta e all’origine delle fortuna dell’imprenditore brianzolo.

Sulle guerre puniche e sul ratto delle sabine aspettiamo le prossime puntate sul Fatto e Domani. Siamo certi che non ci deluderanno. Lo zampino del fondatore di Forza Italia deve esserci anche lì.