Nessun bavaglio al quadrato. «Il testo della legge di delegazione europea è blindato», dice una fonte interna alla maggioranza. E il governo ha deciso di non mettere mano all’emendamento Costa, che limita la possibilità, per i giornalisti, di pubblicare le ordinanze di custodia cautelare. Nessuna nuova minaccia alla libertà di stampa, dunque. La questione ruota attorno all’emendamento a firma, appunto, del deputato di Azione Enrico Costa, confluito nell’articolo 4 della legge di delegazione europea 2022- 2023, in base al quale il governo, nell’esercizio della delega, è tenuto a modificare l’articolo 114 del codice di procedura penale per vietare la pubblicazione “integrale o per estratto” dell’ordinanza di custodia cautelare, finché non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell’udienza preliminare.

Il testo è approdato al Senato, dove ieri sarebbe dovuto iniziare l’esame della commissione Affari europei, seguito dal voto. Ma il governo - finora a seguire i lavori era stata la sottosegretaria Matilde Siracusano - non era presente, e tutto è stato rinviato, dal presidente Giuliomaria Terzi di Sant'Agata, ad oggi. L’intento del governo, secondo quanto reso noto ieri dal Fatto Quotidiano, sarebbe stato quello di rendere ancora più stringente l’emendamento Costa - sul quale la premier Giorgia Meloni, nel corso della conferenza del 4 gennaio, aveva “scaricato” le responsabilità smarcando Palazzo Chigi -, per rendere di fatto impossibile attingere all’ordinanza di custodia cautelare. E per farlo, l’Esecutivo avrebbe paradossalmente voluto - o potuto - approfittare di un emendamento del M5S, a prima firma Dolores Bevilacqua, che prevedeva di sopprimere le parole “o per estratto”. Un modo per vanificare la norma e consentire comunque ai giornalisti di pubblicare le parti più succose dell’ordinanza. Il governo avrebbe inizialmente valutato una riformulazione per sostituire tale dicitura con “parziale”. Un trucco, secondo alcuni, per impedire qualsiasi forma di comunicazione sugli arresti e tornare all’epoca di Berlusconi - cosa che comunque avverrebbe anche con la formulazione voluta da Enrico Costa, che riporta le lancette a prima della riforma Orlando. Ma è stato l’Esecutivo stesso, via Arenula in testa, a escludere l’ipotesi: l’effetto sarebbe stato «identico» ma, con quella modifica, il testo della legge di delegazione europea sarebbe dovuto tornare alla Camera. Il relatore del ddl, Domenico Matera (FdI), ha confermato che non è stata proposta alcuna riformulazione. «Al governo sta bene la formulazione attuale», fa sapere una fonte di Palazzo Chigi. E il M5S sarebbe pronto a rinunciare all’emendamento “a doppio taglio”, sperando di poter sfruttare il voto segreto in aula, dove confida che qualcuno, magari tra le fila di Fratelli d’Italia, potrebbe approfittare per cliccare sul tasto verde e svincolarsi dall’eccessivo garantismo di una parte delle forze di governo. «L’emendamento dei 5S è un’arma a doppio taglio che può far comodo a più persone», fa sapere una fonte. Le carte verranno scoperte oggi in commissione Affari Ue, dove sono 59 gli emendamenti presentati al testo: 36 quelli del M5S, 14 quelli del Pd, uno di Italia viva, 8 del gruppo Misto e un ordine del giorno. Sia il Pd ( prima firma Filippo Sensi) sia il M5S ( prima firma Roberto Scarpinato) hanno presentato un emendamento interamente soppressivo della cosiddetta norma Costa.

Intanto in commissione Giustizia è stato votato il mandato alla relatrice del ddl Nordio, Giulia Bongiorno. La riforma, ha sottolineato la responsabile Giustizia della Lega e presidente della stessa commissione, rappresenta «l’inizio di un percorso: in questi giorni, peraltro, stiamo avviando un tavolo che riguarderà tutte le ipotesi di reato contro la Pa», ha sottolineato.

Soddisfatto il senatore di Forza Italia Pierantonio Zanettin, autore della norma che tutela le conversazioni tra avvocato e assistito. «Siamo soddisfatti del testo, che è stato emendato attraverso il nostro lavoro in commissione. Ha la finalità di riequilibrare il rapporto tra accusa e difesa in una logica garantista - ha sottolineato -. Siamo d’accordo sull’abrogazione del reato di abuso d’ufficio, un reato a condotta evanescente, viola i principi di tassatività e legalità, ed è stato giusto abolirlo». Ma è proprio l’abuso d’ufficio far gridare allo scandalo le opposizioni. «Questa che il governo chiama riforma della giustizia è a tutti gli effetti una controriforma, che fa fare all’Italia gravi passi indietro nella lotta al malaffare e colpisce i diritti dei cittadini - ha commentato la capogruppo M5S in commissione Giustizia al Senato Ada Lopreiato -. Abolendo l’abuso d’ufficio il governo spiana la strada ai colletti bianchi e alle mafie affariste che mettono le mani sui soldi pubblici e lascia i cittadini indifesi di fronte a varie forme di abusi di potere. Hanno anche deciso di svuotare il reato di traffico di influenze, quello che riguarda la zona grigia delle cricche che si muovono intorno al decisore pubblico, l’attività illecita delle lobby criminali. La nuova stretta sulle intercettazioni non fa che colpire il diritto dei cittadini ad essere informati e intralcia l’individuazione di possibili autori di reati. Per non parlare poi del divieto per il pm di ricorrere in appello contro le sentenze di assoluzione relative ad alcuni reati e della norma in base alla quale la persona da sottoporre a custodia cautelare verrà avvisata cinque giorni prima: ci sarebbe da ridere se non fosse tutto drammaticamente vero. E cosa c’è invece per far funzionare meglio la giustizia? Niente. Questo testo è un disastro per il comparto giustizia». In linea la posizione di Anna Rossomando, senatrice Pd e vicepresidente del Senato. «Sull’abuso d’ufficio si era già intervenuti nel 2020, e oggi sono altri gli interventi di cui hanno bisogno i sindaci. Non c'è nulla di garantista in questa abolizione - ha evidenziato -. Ci sono poi proposte che vengono rinviate agli anni a venire perché mancano i magistrati. Non c’è nulla, di fatto, per far funzionare le riforme messe già a punto. Mentre sulle intercettazioni c’è un susseguirsi di provvedimenti che stanno creando un grande caos».