La Duma prepara una legge che consente di inserire in un registro del governo tutti gli “agenti stranieri” che possano “ledere” l’immagine del paese

Come è normale attendersi da quello che ormai si può definire giuridicamente un regime non democratico, il Parlamento russo ( Duma), e precisamente la Commissione parlamentare per la legislazione ( letteralmente, dal cirillico, “Comitato per la costruzione dello Stato e la legislazione della Duma”), ha approvato il 4 marzo scorso un emendamento alla legge 272- FZ del 28 dicembre 2012, nell’ambito della proposta di legge n. 40921- 8 (“Modalità di votazione elettronica per le elezioni”), che consente l’inserimento dei giornalisti di altri paesi in un registro contenente l’elenco degli agenti stranieri, tenuto presso il ministero della Giustizia della Federazione Russa.

Ora spetterà all’aula della Duma confermare il voto della Commissione parlamentare.

La notizia è stata pubblicata da diverse agenzie di stampa russe, come Interfax ( alla pagina www. interfax. ru/ business/ 827100) e Tass ( https:// tass. ru/ obschestvo/ 14022305).

Il registro conterrà informazioni su queste persone straniere, e oltre ai giornalisti potranno essere iscritti proprietari, manager, e impiegati dei mass media, nonché le persone ad essi connesse.

Stessa sorte toccherà a coloro che fanno parte di Ong e associazioni operanti in Russia, nonché ai cittadini russi attivi in politica, che ricevono sovvenzioni da Stati esteri. Non è indicato il criterio in base il quale un giornalista straniero possa entrare a far parte di questo registro, ma è ragionevole ritenere che sia sufficiente scrivere articoli, o effettuare servizi televisivi, con contenuti considerati lesivi dell’immagine della Russia, o semplicemente non graditi.

Con tutta probabilità non sarà un criterio quello di diffondere informazioni false, visto che i russi fanno a pugni con la verità, come ha dimostrato Lavrov l’altro giorno ad Antalya, dichiarando in conferenza stampa che la Russia non ha invaso l’Ucraina.

Secondo le agenzie stampa russe, l’ingresso in questa lista potrebbe comportare il divieto di ingresso in Russia ( ovvero il mancato rilascio del visto), il sequestro di attività finanziarie in Russia, nonché il divieto di effettuare transazioni in Russia.

Per questo motivo il presente articolo è firmato con uno pseudonimo.

Non è d’altronde un caso che la maggioranza dei giornalisti stranieri, inclusi quelli della Rai, sia andata via dalla Russia, e che gli unici giornalisti europei presenti nel paese guidato da Putin, al momento, sembrano essere i francesi, come risulta guardando il telegiornale di France 2.

Premesso che occorre attendere l’uscita nella Gazzetta della Federazione Russa per conoscere con precisione le disposizioni relative a questo registro di agenti stranieri, e alle conseguenze che l’iscrizione determinerà per coloro che vi sono iscritti, non c’è dubbio che questa circostanza dimostra l’ossessione dei politici russi nei confronti dei media, probabilmente dettata dall’illusoria speranza che quanto sta succedendo in Ucraina non venga mai alla luce.

La lotta alla verità e la strenua difesa del silenzio sono prerogative di tutti i regimi, indipendentemente da indirizzi politici e localizzazione geografica, ma bisogna ammettere che nell’ultimo secolo i sovietici sono stati i veri maestri indiscussi nella difficile arte della trasformazione della realtà, nonché del pensiero unico, per il quale non erano ammesse neppure le più lievi sfumature ( pena l’eliminazione, oppure, se si era fortunati, un lungo soggiorno in un bel gulag siberiano).

Ma la cosa che stupisce di più di questa proposta normativa è che essa viene inserita in una legge, la già citata 272- FZ del 2012, il cui titolo è “Misure per le persone che violano i diritti umani fondamentali e le libertà dei cittadini della Federazione Russa”.

Evidentemente alle istituzioni russe interessano solo i diritti dei propri cittadini, e non quelli dei cittadini degli altri paesi.

Ma la civiltà imporrebbe il principio secondo cui, come ricorda una frase che si trova all’ingresso del Palazzo dell’Onu a New York, “Do unto others as you would have them do unto you”, ossia “Fai agli altri quello che vorresti che gli altri facessero a te”.