Una proposta di risarcimento alla vittima e l'accusa ad un agente della polizia penitenziaria di essere l'autore dello “sparo di Capodanno”, avvenuto durante i festeggiamenti alla pro loco di Rosazza, nel Biellese, la notte di San Silvestro. Il parlamentare Emanuele Pozzolo, ieri sera ha rotto il silenzio, fornendo la sua versione in procura a Biella.

A distanza di 5 mesi e 13 giorni da quando Luca Campana rimase ferito lievemente alla coscia dall'ogiva della pistola, Emanuele Pozzolo, unico indagato nella vicenda, confermando quello che aveva sempre sostenuto, dicendo che a sparare non era stato lui, punta il dito contro Pablito Morello, l'appartenente alla Polizia Penitenziaria all'epoca del fatto capo scorta del sottosegretario Delmastro, ora in pensione da qualche mese.

Secondo quanto apprende l'agenzia LaPresse, il verbale di dichiarazioni spontanee rese ieri da Pozzolo davanti alla procuratrice capo Teresa Angela Camelio è stato aperto nel pomeriggio e chiuso intorno alle 20. I possibili scenari che potrebbero aprirsi ora sono due. Il primo è quello che potrebbe vedere l'ex agente Pablito Morello iscritto sul registro degli indagati, il secondo invece potrebbe svelare un altro colpo di scena, ovvero la remissione della querela per lesioni presentata da Luca Campana qualche giorno dopo il ferimento.

Nei confronti del ferito Luca Campana, sono in corso le trattative tra gli avvocati di Emanuele Pozzolo e il legale della vittima per stabilire un risarcimento. In questo caso cadrebbe l'ipotesi accusatoria di lesioni e rimarrebbero in piedi, per l'onorevole Emanuele Pozzolo, soltanto il reato legato al porto abusivo d'arma e di munizionamento. Reati che nelle ipotesi più lievi prevedono una condanna che può essere estinta con un'oblazione.

Lo scontro sulle perizie

Ma dopo il “blitz” di Pozzolo in procura, ora è scontro tra i consulenti balistici delle due parti. Uno scontro acceso e diretto. Nella sua prima perizia, depositata a fine marzo, l'esperta incaricata dalla Procura, la dottoressa Raffaella Sorropago, aveva messo in evidenza la coerenza dei rilievi tecnici con il racconto del ferito Luca Campana, il quale ha sempre sostenuto che, al momento in cui è partito il colpo, il revolver si trovasse nelle mani di Pozzolo. Circostanza sempre negata dal parlamentare, che anche nell'interrogatorio di ieri sera – che al momento è la prima vera deposizione, fatte salve le prime dichiarazioni rilasciate ai carabinieri nella notte dei fatti a Rosazza – avrebbe ribadito di non essere stato lui a sparare, indicando nel caposcorta Morello la persona che, maneggiando l'arma, avrebbe fatto partire accidentalmente il colpo. 

A provare a "smontare" la ricostruzione della consulente della Procura era arrivata, a fine aprile, la perizia della difesa, redatta dal dottor Luca Soldati, che attacca duramente la collega Sorropago: "Non è ammissibile né lecito che in una consulenza tecnica giudiziaria - scrive tra l'altro il tecnico nominato dal legale di Pozzolo - l'incertezza si tramuti in certezza senza spiegazione. Nel breve spazio di poche righe la consulente scelta dalla Procura afferma dapprima che l'azione di fuoco è presumibilmente (...) ad opera di Pozzolo, (...) per poi asserire poco dopo e con dogmatica sicurezza che nel momento in cui è stato esploso il colpo il revolver era impugnato da Pozzolo Emanuele".

Nelle ultime ore la consulente della Procura ha depositato un "supplemento" di relazione, in cui replica con altrettanta durezza. "E' perlomeno irrituale – spiega all'AGI la dottoressa Sorropago - che il perito della difesa parli di 'metodo non ammissibile o lecito' riferendosi al mio lavoro". E, aggiunge nero su bianco, nella relazione del CTP della difesa ci sono "errori e imprecisioni tecniche" e non si presenta "mai un'ipotesi di ricostruzione alternativa dell'accaduto".

Anche sul valore dell'esame dello "stub", cioè il rilievo della presenza di particelle di polvere da sparo sulle mani e gli indumenti, le posizioni dei due tecnici divergono radicalmente. Per Soldati, Pozzolo sarebbe risultato  positivo solo per una contaminazione generica da inquinamento, perché i residui di sparo in genere si diffondono nell'ambiente per almeno dieci metri e avrebbero reso positivi tutti i partecipanti al veglione presenti in sala per almeno dieci minuti, tracce che sarebbero state rilevate se anche altri presenti fossero stati sottoposti all'esame.

Di parere radicalmente opposto la consulente dell'accusa, la quale scrive che "il numero totale delle particelle rinvenute sulle mani e sui vestiti di Pozzolo è nettamente superiore sia dell'unica particella caratteristica trovata sulle mani di un operatore di PG, che ha avuto accesso nella stanza dell'evento a fuoco, sia dalla quantità massima riscontrata negli studi di settore per quanto concerne l'inquinamento innocente". Le controdeduzioni della dottoressa Sorropago ribadiscono - ed è questo il punto processualmente cruciale - che "il proiettile proveniente dall'arma di Pozzolo, ha sfiorato il tavolo in un punto intermedio ed ha proseguito la sua traiettoria originale, andando ad impattare con andamento dall'alto verso il basso, la coscia del Campana, producendo una ferita a fondo cieco, perfettamente compatibile sia con le tracce di sparo presenti al centro del tavolo, che con il punto di contatto intermedio, che con il tramite intrasomatico della ferita ed infine con la narrazione del ferito", che ha sempre sostenuto che l'arma si trovasse in mano al parlamentare.