IL RETROSCENA

La sfida del premier che deve ribaltare la visione di un’ Italia tentennante

La finzione di una maggioranza coesa e granitica sull'Ucraina si sgretola di fonte agli occhi di un imperterrito Draghi. Sull'invio di armi all'Ucraina non ci saranno tensioni e sorprese ma solo perché non ci saranno voti dopo quello sulla prima tranche di invii militari. ll decreto è stato scritto apposta per evitare nuovi passaggi parlamentari, la fornitura d'armi proseguirà sino al 30 dicembre senza bisogno di passare di nuovo per il Parlamento. Sull'aumento delle spese militari sino al 2% del Pil le sorprese invece sono possibili, i 5S sono contrari, la Lega pure. Verrà cercata e probabilmente trovata una soluzione all'italiana, confusa e volutamente ambigua ma se il metodo è antico e rodato, ancorché pulcinellesco, le circostanze non lo sono affatto e l'incrinatura sarà nella migliore delle ipotesi uno sfregio. Le sanzioni, per ora, non le mette in discussione nessuno ma quelli sono disagi che crescono col tempo, con il manifestarsi e l'ingigantirsi delle difficoltà concrete. Senza contare la non del tutto impossibile eventualità di una scelta ancora più drastica da parte della Ue che, non subito ma in caso di ulteriori drammatizzazioni del conflitto, potrebbe accogliere l'esortazione di Biden all'embargo totale del gas e del petrolio russi.

Di fronte a queste spinte Draghi ha scelto di non aprire neppure il minimo spiraglio, rinunciando anche a quelle dichiarazioni formali che aveva sin qui concesso anche nei frequenti casi di indisponibilità a una mediazione reale. Perché stavolta il gioco è diverso e la posta infinitamente più alta. Draghi sa che anche una mezza parola di troppo, spesa solo per rabbonire la propria maggioranza, verrebbe notata, segnata con in rosso fiamma, forse rinfacciata, certamente fatta pagare. L'Italia, in una crisi che la vede esposta come nessun altro in Europa, è partita male, come una specie di paese ' sorvegliato speciale', dunque con un peso contrattuale fortemente diminuito. Oggi a Bruxelles Draghi ha invece bisogno di poter mettere sul tavolo il massimo di contrattualità, tutta l'autorevolezza accumulata dal premier a palazzo Chigi e prima ancora come presidente della Bce e uomo di punta dell'Unione. Il prezzo è schierarsi senza margini di autonomia, senza neppure discutere con la linea dura adottata da tutto l'occidente ma su ispirazione molto più anglo- americana che non europea.

Draghi deve essere inattaccabile, non solo nella sostanza ma anche nelle apparenze, a maggior ragione perché la minaccia è su due fronti. Di fronte al Parlamento, mercoledì, ha ripetuto più volte che il conflitto con la Russia di Putin non è e non può essere uno scontro di civiltà. E' una linea implicitamente diversa da quella di Washington, che descrive invece il conflitto proprio come scontro ta democrazie a autocrazie. Ma un conflitto di civiltà è sempre per la vita o per la morte, lascia spazio esiguo a mediazioni, trattative e negoziati. Chiede e impone massimo sacrificio. Accetta di correre rischi estremi. Draghi, in tutta evidenza, mira a evitare questa esasperazione estrema della crisi, e con lui buona parte della Ue, ma non tutta. Ma solo se non sussiste alcun dubbio sulla lealtà e la buona fede dell'Italia può contribuire a frenare la spinta di Usa e Uk.

La partita fondamentale però è sul fronte europeo. Draghi, in Parlamento, non la ha mandata a dire. Quando parla di una ' revisione delle regole molto, molto più profonda di quanto si sarebbe pensato due anni fa', allude a una vera e propria rivoluzione, tale da modificare il dna stesso della Ue. Certo, il percorso non può che essere lungo, segnato da negoziati, arretramenti e poi nuovi passi avanti, come dice chiaramente lo stesso Draghi. Ma il momento per imboccare quella via è ora perché ora sono in ballo sia un'emergenza assoluta, urgente e non procrastinabile, sia, contestualmente, la definizione di un orizzonte strategico. In un momento simile è comprensibile che Draghi consideri le fibrillazioni nella maggioranza un problema minore di secondo e terz'ordine. Ma quel problema esiste e se il conflitto proseguirà e si intensificherà arriverà a un punto di deflagrazione.