«Metteteli alla gogna». Quella degli animalisti è stata una vera e propria chiamata alle armi. Un invito alla vendetta fatta in casa, perché il codice penale non basta mai. E quindi tanto vale sfilare in piazza con foto, nomi e indirizzi di chi ha preso brutalmente a calci una povera capretta provocandone la morte, anche se minorenni.

Foto corredate da una didascalia che non lascia spazio a dubbi: «Sono l'assassino della capretta, ovvero un infame!». È la giustizia 2.0, quella di chi non crede nelle aule di Tribunale ma ne allestisce decine in ogni spazio pubblico, specie se virtuale, così da diventare virale, come la cattiva sorte di chi ci incappa. E poco importa quale sia la verità: la versione proposta dalla piazza, le cui dimensioni diventano esponenzialmente più ampie di secondo in secondo, è quella che vincerà su qualsiasi parola venga pronunciata da chi ne ha facoltà, in nome del popolo italiano.

Un modo per colmare i “vuoti” del codice penale, che secondo gli animalisti punisce in modo troppo blando chi si accanisce contro un povero animale - da quattro mesi a due anni - lasciando il reato, di fatto, a loro modo di vedere impunito. Un reato terribile, immotivato, agghiacciante, data la ferocia con la quale quei ragazzi - 12 per ora quelli coinvolti - si sono lanciati inspiegabilmente sul povero e innocuo animale, ma non dissimile da quello invocato da chi oggi vorrebbe vedere sottoposti allo stesso trattamento - metaforicamente, si spera - i giovani autori del gesto.

L’invito degli animalisti ha portato in piazza circa 200 persone, prima ad Anagni, dove si trova l’agriturismo in cui è accaduto il fatto, e poi a Fiuggi, in prossimità della casa del giovane accusato di aver colpito l’animale, gente alla quale Enrico Rizzi, attivista per i Diritti degli animali, ha promesso di non mollare «di un centimetro, a qualsiasi costo, fin quando questo Paese non metterà in campo pene esemplari per chi maltratta ed uccide gli animali». Ma l’invito alla gogna ha attirato anche l’attenzione del Questore di Frosinone, che ha avviato un procedimento amministrativo nei confronti degli attivisti, valutando anche la possibilità di emettere un foglio di via obbligatorio dal Comune di Fiuggi.

«Su di me si può dire qualsiasi cosa ma non mi ritengo un soggetto potenzialmente pericoloso», ha commentato Rizzi, secondo cui incitare la folla contro dei ragazzini è un fatto, tutto sommato, di poco conto. L’effetto è, ancora una volta, quello di spostare i processi in piazza, dove tutto diventa lecito. Gogna compresa, fenomeno che appare ormai assolutamente normale, fino ad invocare - come nel caso dello stupro di Palermo - la violenza carnale in carcere per gli autori di reati sessuali. I piani finiscono così per sovrapporsi: vittime e carnefici, preventivamente identificati senza possibilità di contraddittorio, si scambiano i ruoli in un valzer ipnotico che fa perdere a tutti il senso del limite, facendo dimenticare cosa conta davvero in questi casi, ovvero il diritto. Sulla cui base si fondano i rapporti tra i membri di una comunità e che serve proprio ad evitare che per ogni occhio cavato se ne strappi via un altro, senza cognizione di causa.

Così, dopo la manifestazione, Rizzi si è trovato dall’altra parte della barricata, bloccato in un Commissariato assediato da gente inferocita contro di lui. Un contrappasso immediato, che rischia di materializzarsi anche in una cacciata da Fiuggi, dove i manifestanti invocavano la galera per i giovani. «Nessuno ha pronunciato la parola rieducazione - ha commentato Gaetano Vellucci, legale del 17enne individuato come autore del pestaggio dell’animale, come riporta Fanpage -. Tra l'altro l'attivista Enrico Rizzi ha sfidato le famiglie dei ragazzi a denunciarlo per poter esporre le sue ragioni. Ebbene, sarà accontentato. Nelle sue frasi ci sono espressioni estremamente diffamanti che lasciano senza parole. Ne riferirò alla magistratura. Presenteremo denuncia per diffamazione».

Un concetto ribadito in una nota: «Il mio assistito – ha aggiunto Vellucci – non ha ancora ricevuto formale comunicazione di essere indagato dalla procura della Repubblica presso il Tribunale dei Minori di Roma ma – nel frattempo – è assolutamente doveroso che soggetti terzi non esprimano giudizi affrettati, gravemente diffamatori e intimidatori, incompatibili con una situazione che non vede il mio assistito ancora indagato e, comunque, ancora lontano da un procedimento giudiziale. Sarà la magistratura minorile - ha aggiunto -, unica autorizzata dallo Stato, a giudicare la posizione del mio assistito, il quale – nel frattempo – non può essere travolto da gogna mediatica, caratterizzata, in taluni casi, da pesantissime minacce, che sta avendo non solo il sapore di un anticipato giudizio di colpevolezza ma che si sta manifestando, ingiustificatamente, con toni connotati da una ferocia espressiva assolutamente incompatibile con la riservatezza che deve caratterizzare le indagini giudiziarie».