Nella città sotto assedio, 300mila persone in trappola Passi indietro anche sul fronte della diplomazia

Le già flebili speranze di arrivare ad un accordo, o meglio a un cessate il fuoco seppur temporaneo, nella guerra che in infuria in Ucraina si sono allontanate ulteriormente. Non soltanto per i bombardamenti russi che hanno colpito diverse città sia a nord che a sud del paese, ma anche per le dichiarazioni e gli atti compiuti dagli attori seduti attorno ad un tavolo sempre più traballante.

Mettendo in fila alcuni elementi si capisce che per il momento non si intravede alcuno spiraglio, a cominciare dalla convocazione dell'ambasciatore Usa in Russia John Sullivan.

Al rappresentante diplomatico americano è stato comunicato che le relazioni tra Washington e Mosca sono sull'orlo della rottura totale. Le ragione da parte russa sono nelle frasi pronunciate da Biden qualche giorno fa quando ha definito Putin un ' criminale di guerra'.

In questa maniera si va lacerando quel filo di parziale garanzia che può in qualche modo far continuare a parlare le delegazioni russe ed ucraine. I negoziati in realtà sono continuati anche ieri e si sono interrotti nelle ore del primo pomeriggio. Il risultato è stato, come nei giorni scorsi, un nulla di fatto anche se è stato comunicato che i lavori proseguiranno nei rispettivi gruppi di lavoro. I comunicati non lasciano spazio a illusioni, secondo il consigliere del presidente ucraino Zelensky, Alexander Rodnyansky, ' i colloqui non sono seri' e da parte di Mosca mirano solo a ' intrappolare l'Occidente convincendolo che non sono necessarie ulteriori sanzioni'.

Sembra essere dunque smentito il cauto ottimismo espresso dalla Turchia, possibilista sul raggiungimento di un accordo. Progressi visti anche dal premier israeliano Naftali Bennett che tuttavia non ha nascosto alla stampa del suo paese: ' C'è ancora molta strada da fare perchè ci sono questioni controverse, alcune delle quali fondamentali'.

E ieri Kiev si è svegliata nuovamente con il rumore delle bombe cadute su un grande centro commerciale andato distrutto, il bilancio è di 8 morti, mentre per la prima volta un cannoneggiamento via mare ha colpito alcuni quartieri periferici di Odessa. Mosca ha reso noto di aver centrato con alcuni missili un centro di addestramento per combattenti provenienti dall'estero a Rivne, nel nordovest. Intanto sembra rientrato l'allarme a Sumy dove si è registrata una perdita di ammoniaca da un impianto chimico a causa dei colpi di artiglieria.

Ma la situazione più drammatica è senza dubbio quella di Mariupol, città strategica assediata da settimane dall'esercito di Mosca e dove si combatte ormai casa per casa. Il diplomatico greco Manolis Androulakis ha paragonato Mariupol a Guernica e ad altre città tristemente note per i bombardamenti subiti nella storia: ' Coventry, Aleppo, Grozny, Leningrado'.

Si stima che tra le rovine dei palazzi distrutti e nei rifugi di fortuna vivano ancora 300mila persone anche se non è possibile verificare in maniera indipendente tali cifre.

Secondo Iryna Vereshchuk, vice primo ministro ucraino, già 45mila persone sono riuscite a lasciare la città assediata. Ma rimane fortissima la preoccupazione per ciò che potrebbe succedere visto che gli ucraini hanno rifiutato la richiesta di una resa e di un corridoio per l'evacuazione che la Russia avrebbe garantito. E che la tragica situazione sia ben lontano dal terminare presto è testimoniato dalle parole di Denis Pushilin, capo della Repubblica Popolare di Donetsk: ' Non sono così ottimista sul fatto che bastino due o tre giorni o anche una settimana per chiudere la questione'.

In questo contesto di stallo mortale c'è attesa per l'arrivo in Europa di Biden che venerdì si recherà in Polonia mentre il giorno prima si incontrerà a Bruxelles con gli alleati della Nato, i leader del G7 e i leader dell'Unione europea.

Vertici per discutere dell'andamento della guerra e di ulteriori sanzioni contro la Russia. Il pressing di Zelensky sull'Occidente continua chiedendo di interrompere ogni rapporto commerciale con Mosca.

Ciò chiama direttamente in causa l'Europa che già ieri ha discusso se colpire le forniture di gas e petrolio russo. Una eventualità che però è tutt'altro che scontata. Se paesi come Irlanda e Lituania si sono detti favorevoli, completamente diversa ad esempio è la posizione dell'Ungheria.

Il ministro degli Esteri, Peter Szijjarto, ha già fatto sapere che ' d'ora in poi dobbiamo agire in modo più deciso e più chiaro per salvaguardare i nostri interessi nazionali: la pace e la sicurezza in Ungheria'.