Il tema della giustizia non caratterizza attualmente soltanto il dibattito politico in Italia, giacché se si rivolge lo sguardo al di fuori delle nostre vicende interne ci si accorge che è al centro di grande interesse anche in Francia e nell’Unione Europea.

In Francia è molto serrato il confronto parlamentare fra i diversi schieramenti politici sull’approvazione di una legge di modifica del codice di procedura penale che consentirà, tra l’altro, previa autorizzazione del giudice, di attivare nel corso delle indagini per reati punibili con almeno cinque anni di reclusione, meccanismi a distanza di geolocalizzazione dei dispositivi elettronici. Inoltre, si prevede anche l’utilizzo di strumenti di captazione di conversazioni e di immagini nell’ambito delle inchieste per reati di terrorismo o di criminalità organizzata. Sull’uso di tali tecniche, nello svolgimento del dibattito parlamentare l’opposizione di sinistra ha parlato di tecniche orwelliane, evocando distopie da “1984”.

Sul versante dell’Unione Europea, deve annoverarsi, in primo luogo, la recente pronuncia della Grande Sezione della Corte di Giustizia del 5 giugno 2023, nella causa C-204/21, promossa dalla Commissione europea nei confronti della Polonia, concernente l’indipendenza, l’imparzialità e la vita privata dei giudici, con cui la Corte ha dichiarato che le nuove disposizioni polacche pregiudicano l’indipendenza dei giudici e che la raccolta e la pubblicazione online dei dati relativi all’appartenenza dei giudici ad associazioni e partiti violano il diritto al rispetto della vita privata e il diritto alla tutela dei dati personali. L’obiettivo che ha determinato la Commissione a promuovere l’azione contro la Polonia dinanzi alla Corte di Giustizia è quello della tutela dello stato di diritto, che è l’oggetto del rapporto che la stessa Commissione ha pubblicato il 5 luglio scorso denominato “The rule of law situation in the European Union 2023”. È da qui che proviamo a riannodare i fili con la situazione italiana. Nel paragrafo di tale Rapporto sul rafforzamento delle misure di prevenzione della corruzione e sulla promozione dell’integrità nella vita pubblica, si legge espressamente che in Italia non ci sono regole “comprehensive” sui conflitti di interesse, e che un nuovo disegno di legge è in discussione in Parlamento. Il Rapporto si chiude con un invito formale della Commissione agli Stati membri ad attenersi alle raccomandazioni impartite e al Consiglio e al Parlamento europeo a sorvegliare che ciò accada. La stessa Commissione europea il 3 maggio ha presentato una proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla lotta alla corruzione con gli strumenti del diritto penale, in cui è previsto, sulla scia della Convenzione Onu contro la corruzione ratificata anche dall’Italia, l’obbligo per gli Stati membri di introdurre alcune figure di reato, tra le quali si annoverano il trading of influence e l’abuse of functions che, pur non essendo perfettamente aderenti al nostro abuso d’ufficio di prossima abrogazione e a quello che rimarrà del traffico di influenze illecite dopo la riforma, fanno presagire la necessità di un successivo intervento legislativo di reintroduzione delle medesime figure di reato nelle forme volute dall’Ue.

In Italia, contrariamente a quanto sta avvenendo in Francia e nelle istituzioni della Ue, si tende a favorire una restrizione degli strumenti di controllo del giudice penale sull’esercizio del potere pubblico. La riforma legislativa che si preannuncia deve essere necessariamente affinata mediante un opportuno coordinamento con quanto sta accadendo a livello sovranazionale. Il rischio concreto da evitare è quello di lasciare senza effettiva tutela il principio di imparzialità della pubblica amministrazione, depotenziando in modo significativo gli strumenti di lotta al favoritismo, all’arbitrarietà, al conflitto di interessi.

Non si può far finta di ignorare che la preannunciata riforma italiana potrebbe determinare un fenomeno di eterogenesi dei fini, lasciando aperta la strada all’intervento giurisdizionale dell’ampliamento dell’ambito di applicabilità di altre norme esistenti, come ad esempio la corruzione e la turbativa d’asta, al fine di colmare il vuoto di tutela che si verrebbe a creare. Soprattutto, occorre evitare che si determini la crisi della fiducia sia delle istituzioni europee rispetto all’Italia, scongiurando il riprodursi di un similare caso Polonia, sia dei cittadini e delle imprese rispetto all’effettività della repressione penale nei confronti dei fenomeni corruttivi latamente intesi. Nel contempo, per tentare di rimuovere l’endemico problema della paura della firma da parte dei pubblici funzionari, si potrebbe porre mente a un efficace sistema di controlli in ambito amministrativo, che non metta a repentaglio le esigenze di semplificazione, ma che consenta ai pubblici funzionari di operare nella prospettiva di non incorrere anche inconsapevolmente in violazioni che potrebbero accendere i riflettori della giustizia penale o della non meno temibile giustizia contabile.