La questione del taglio dei magistrati fuori ruolo dai ministeri e dagli organi di rilevanza costituzionale sta diventando un vero e proprio giallo. Due giorni fa, in commissione Giustizia alla Camera, la leghista Simonetta Matone aveva presentato in qualità di relatrice il parere ( non vincolante) allo schema di decreto attuativo in merito alle toghe “distaccate”.

Il taglio da 200 a 180 era rimandato incredibilmente al 31 dicembre 2025. La motivazione? Evitare che, «per effetto della riduzione del numero di magistrati collocabili fuori ruolo, le amministrazioni titolari di interventi previsti nel Pnrr possano subire contrazioni nella disponibilità di personale proveniente dai ruoli delle magistrature e che, in generale, quella riduzione possa comportare effetti negativi per tutte le amministrazioni e gli organi costituzionali e di rilevanza costituzionale, che si avvalgono di personale proveniente dai ruoli delle magistrature, prima che sia stato possibile adeguare l’organizzazione interna di quelle amministrazioni e di quegli organi alla riduzione del numero di magistrati collocabili fuori ruolo».

La presa di posizione, concertata con Palazzo Chigi più che con via Arenula, avrebbe incrociato anche preoccupazioni per un taglio dei magistrati alla Presidenza della Repubblica e alla Consulta, oltre alle richieste di leghisti ed esponenti di Fratelli d’Italia, a loro volta impensieriti per una fuoriuscita di toghe dai ministeri strategici. Tuttavia ieri, quando si sarebbe dovuto votare il parere, la stessa Matone ha chiesto il rinvio della discussione alla prossima settimana, sostenendo che ci sono interlocuzioni in corso e lasciando così di stucco i partiti di opposizione.

Per il dem Federico Gianassi, «la maggioranza è immobilizzata dalle divisioni interne», e in questo caso FI sarebbe a favore del taglio e Lega e FdI contrari. Per il capogruppo Giustizia del Pd, «è paradossale che martedì venga presentato un parere, disconosciuto poi solo dopo ventiquattr’ore: non scordiamoci che questi pareri sarebbero dovuti essere approvati entro il 28 gennaio, invece qui si continua a rimandare».

Abbiamo raccolto anche il commento del responsabile Giustizia di Azione, il deputato Enrico Costa: «Il governo è nel pallone: i deputati della maggioranza sostengono che loro ci stanno provando, a ridurre i fuori ruolo, ma ci sarebbero interventi “dall’alto” per difendere i numeri esorbitanti. Non crediamo a queste illazioni, probabilmente diffuse ad arte per giustificare l’immobilismo. Il risultato è l’inerzia. La nostra battaglia per ridurre i magistrati fuori ruolo nei ministeri ha un fondamento costituzionale: il potere giudiziario è autonomo e indipendente, ma se entra nelle stanze del governo non è più tale. Un’interferenza che tutti denunciano ma nessuno risolve. Né Nordio né l’Anm».

Ieri si sarebbe dovuto votare anche il parere sull’altro decreto attuativo della riforma ordinamentale di Cartabia, il cui relatore è Ciro Maschio di FdI: anche questo è stato rinviato, e sarà probabilmente discusso oggi, ma per motivi legati al calendario d’Aula.

Intanto ieri nelle commissioni riunite I e II di Montecitorio è iniziata la discussione sul ddl sicurezza. «Il pacchetto sicurezza del governo Meloni è un attacco alle norme sui diritti dei minori, prevedendo di eliminare l’obbligatorietà del rinvio dell'esecuzione della pena per le donne incinte o con figli fino ad un anno di età: questa destra mostra ancora una volta il proprio volto peggiore, un’ossessione securitaria che non si ferma neanche davanti alle madri con minori», ha affermato la deputata del Pd Michela Di Biase.