Un racconto di fantasia, anche mal congegnato. Il gip di Perugia ha archiviato, con un provvedimento lungo 120 pagine, la bufala sulla Loggia Ungheria, la presunta associazione segreta raccontata dall’ex avvocato esterno di Eni Piero Amara, servita solo a terremotare (ancora) il Csm.

Dopo oltre un anno dalla richiesta avanzata dalla procura guidata da Raffaele Cantone, il giudice ha messo nero su bianco che non esiste prova dell’esistenza della cosiddetta “Nuova P2”, descritta da Amara alla procura di Milano prima e a Perugia poi. Dichiarazioni, le sue, uscite poi dalla procura e spedite anonimamente sui giornali, in un rocambolesco giro che ha portato anche alla condanna dell’ex pm di Mani Pulite Piercamillo Davigo. Il gip ha accolto integralmente la lunga richiesta avanzata da Cantone, oggetto, anche quella, di una fuga di notizie, per la quale la procura ha chiuso recentemente le indagini, muovendo l’accusa di accesso abusivo ad un ex funzionario.

Secondo il giudice, sarebbe insussistente il reato di associazione segreta previsto dalla legge Anselmi, reato che, stando al racconto di Amara, si sarebbe concretizzato con il lavorio di un gruppo di persone, pezzi autorevoli dello Stato, per interferire su organi costituzionali come il Csm, ma anche su altri enti e istituzioni pubbliche. Soprattutto nei più recenti interrogatori a Perugia, però, l'avvocato siciliano aveva modificato alcune delle sue affermazioni iniziali, «sminuendo, in modo inspiegabile il ruolo di quella che aveva indicato come una nuova “loggia P2”, dichiarando anzi che essa era nata con finalità nobili e che non tutti gli adepti sarebbero stati a conoscenza delle interferenze effettuate dall’associazione su organi pubblici o costituzionali».

Dal 2015 in poi, inoltre, Amara avrebbe «tentato di creare un’altra organizzazione», della quale a Milano non aveva mai parlto. Insomma, una nuova versione, una nuova loggia, probabilmente ad uso e consumo di Amara. Anche perché l’utilità di Ungheria era franata di fronte ad una situazione senza precedenti: i verbali, infatti, sono finiti su tutti i giornali, nonostante gli stessi sarebbero dovuti rimanere «segreti». Ottenendo, forse, l’effetto desiderato: inquinare i pozzi e screditare persone. Tale fuga di notizie sarebbe stata determinata dalla consegna dei verbali a Davigo, al quale il pm milanese Paolo Storari, che stava raccogliendo le dichiarazioni di Amara sulla loggia nel procedimento sul “Falso complotto Eni”, si era rivolto per denunciare la presunta inerzia dei vertici del suo ufficio.

Una forma di «autotutela» che diede però inizio a una slavina di fughe di notizie e che portò al processo a Brescia contro l’ex pm di Mani Pulite (condannato ad un anno e tre mesi) e il magistrato milanese (assolto in abbreviato). Davigo portò infatti quei verbali al Csm, informando diversi consiglieri del contenuto delle dichiarazioni di Amara (di fatto isolando l’ignaro Sebastiano Ardita, indicato falsamente come affiliato alla loggia) e lasciandoli poi in “eredità” alla sua segretaria, Marcella Contrafatto. La donna, secondo la procura di Roma, li avrebbe poi inviati anonimamente a Liana Milella di Repubblica. Per questo episodio Contrafatto, già assolta per la calunnia a Francesco Greco e la consegna al giornalista del Fatto Quotidiano, il 19 dicembre prossimo si troverà davanti al gup di Roma con l’accusa di rivelazione di segreto.