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Pare essere finito il Far west degli influencer, i quali, accumulando followers, riescono a farsi ben pagare dalle aziende per iniziative promozionali, senza nessuna regolamentazione, e soprattutto, senza nessun controllo della veridicità di quanto affermato dall’influencer di turno.
C’è voluto il caso “Chiara Ferragni-Balocco”, che ha preso nelle ultime settimane una connotazione penale (per l’ipotesi di reato di truffa aggravata), dopo la sanzione dell’Antitrust da un milione di euro, e il conseguente video di scuse della Ferragni, e annessa promessa di devolvere in beneficenza una somma milionaria, perché le autorità prendessero delle iniziative per regolamentare un fenomeno ormai molto diffuso (tanto quanto i followers, che sembrano seguire ubbidientemente quanto viene detto loro da questi non illustri conosciuti, più o meno come fanno i russi con Putin).
Fatto sta che con un comunicato stampa del 10 gennaio 2024 l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AgCom) ha annunciato di aver predisposto le Linee-guida volte a garantire il rispetto delle disposizioni del Testo unico sui servizi di media audiovisivi (D.Lgs. 208/2021, attuativo della Direttiva Ue 2018/1808) da parte degli influencer, che ha preceduto di poco il governo Meloni, che ha rapidamente buttato giù uno schema di disegno di legge con norme in materia di destinazione a scopo di beneficenza di proventi derivanti dalla vendita di prodotti, che sembra ritagliato su misura al caso della Ferragni, con il quale il primo ministro condivide solo il genere, e null’altro.
Ma cosa prevedono i due provvedimenti? Cominciando con le linee guide dell’AgCom, va detto che, oltre ad essere il frutto di una consultazione pubblica, indetta con una delibera dell’autorità del 13 luglio 2023, relativa alle misure volte per garantire il rispetto, da parte degli influencer, delle disposizioni del Testo unico, le indicazioni sono delineate in un documento di circa 40 pagine, che inizia illustrando le risposte delle associazioni e degli esperti coinvolti dalla consultazione pubblica alle domande dell’AgCom.
La prima domanda riguarda la definizione di “influencer”, nell’ottica di “creare maggiore consapevolezza, proteggere i minori e regolare le comunicazioni commerciali”. In questo contesto, dove sono considerate diverse accezioni del termine, emerge che secondo Google l’influencer è in realtà un “creator”, ossia un soggetto che non mira necessariamente ad “influenzare”, ma semplicemente a intrattenere o condividere idee o esperienze. Al riguardo si propone una classificazione basata sul grado di influenza esercitato, per cui si avrebbe il social influencer, che è un individuo già noto per attività al di fuori dalla rete, come celebrità, sportivi e personaggi pubblici, il mass influencer, ossia una persona con un’elevata capacità relazionale e una consolidata reputazione derivante dalla profonda conoscenza di specifici argomenti, che suscitano fiducia nei propri followers, e il potential influencer, che è un soggetto che, in virtù della pripria capacità comunicativa e aggregativa, può influenzare la propria rete di contatti, in genere di piccole dimensioni.
Viene proposta anche una suddivisione degli influencer in base al numero di followers, per cui si avrebbe la seguente scala: micro-influencer (fino a 25.000 follower), macro-influencer (fino a 100.000), mega-influencer (fino a 500.000), celebrity (oltre 500.000).
Vi è poi l’Allegato A delle linee guida dove vi sono le indicazioni dell’Agcom. Al riguardo l’Autorità afferma che, alla luce delle caratteristiche dell’attività svolta, consistente prevalentemente nella diffusione di contenuti audiovisivi autoprodotti, siano applicabili agli influencer diverse disposizioni del Testo unico sui servizi di media audiovisivi (D.Lgs. 208/2021), ossia i principi generali (art. 4, comma 1), i principi generali (art. 6, comma 2, lett. a), le disposizioni a tutela del diritto d’autore (art. 32), e dei diritti fondamentali della persona, dei minori e dei valori dello sport (artt. 30, 37, 38, 39), nonché quelle in materia di comunicazioni commerciali (artt. 43, 46, 47 e 48).
L’Autorità ha poi stabilito che i contenuti diffusi dagli influencer devono rispettare le seguenti regole: 1) non devono contenere alcuna istigazione a commettere reati, ovvero fare apologia degli stessi; 2) devono garantire il rispetto della dignità umana, e non legittimare la violenza, l’odio o la discriminazione; 3) non devono contenere elementi suscettibili di determinare la deresponsabilizzazione dell’autore vittima di violenza, odio, discriminazione.
È comunque previsto un tavolo tecnico per definire le ulteriori misure per il rispetto delle previsioni del Testo unico da parte degli influencer, annunciato da una comunicazione dell’AgCom del 22 gennaio 2024, aperto alla partecipazione di associazioni di influencer, piattaforme per la condivisione di video, social media, agenzie di influencer marketing e in generale di chi funge da intermediario tra influencer e aziende (quindi anche avvocati).
Un tema specifico è invece trattato dal Ddl governativo, che si sviluppa (per ora) in 5 articoli, di cui il primo perimetra l’ambito di applicazione, che è la pubblicità e le pratiche commerciali poste in essere da parte di produttori e professionisti in relazione alla promozione, alla vendita o alla fornitura ai consumatori di prodotti, i cui proventi siano in parte destinati a scopi di beneficenza (proprio il caso Ferragni-Balocco).
Con l’art. 2 si stabilisce che i consumatori hanno diritto di ricevere dai produttori un'adeguata informazione sulla destinazione in beneficenza di una parte dei proventi della vendita del prodotto, e a questo scopo devono riportare sulla confezione il soggetto destinatario dei proventi della beneficenza, le finalità della beneficenza, e l’importo della stessa. Si richiede poi (art. 3) che prima di porre in vendita i prodotti va data notizia all’Autorità garante della concorrenza, che provvederà ad irrogare sanzioni a chi non rispetta le regole (art. 4).
Insomma dal Far west si passerà alla regolamentazione del mercato.