È un campione. Del protagonismo giudiziario. E della magistratura inquirente, certo: Nicola Gratteri ha il vizio delle iperboli inquisitorie, delle misure cautelari di massa, ed è il suo handicap, perché sul piano del coraggio nella sfida al crimine organizzato non gli si può contestare nulla. Ma con le prime parole pronunciate oggi a mezzogiorno, nella solenne cerimonia con cui si è insediato quale nuovo procuratore di Napoli, il magistrato calabrese ha sfoderato un’altra sua qualità, che ne fa pressoché un unicum nell'ordine togato: si è mostrato quale “figura istituzionale totalizzante”.

Non solo capo dell’ufficio inquirente più grande d’Europa (un organico di 112 pm, di cui 99 attualmente in servizio effettivo) ma anche riferimento assoluto della città, della metropoli, oltre lo stretto perimetro della funzione giudiziaria. «Farò sinergia con tutte le istituzioni», ha spiegato ai giornalisti. Non sono parole casuali: sono emblematiche del suo carisma, del suo peso che prescinde persino dalla reale intenzione di acquisire centralità. La valenza politica di Gratteri è un dato oggettivo, involontario.
Stamattina alla cerimonia è intervenuto anche il suo predecessore “di ruolo”, Giovanni Melillo (dopo di lui le funzioni di procuratore sono state assunte, in qualità di reggenti, prima da Rosa Volpe e poi da Sergio Ferrigno, dal quale ieri mattina Gratteri ha ricevuto il testimone). L’attuale procuratore nazionale Antimafia ha avuto parole naturalmente di elogio e di speranza, nei confronti del successore: «Conosco le qualità umane e professionali di Gratteri, oltre all’ufficio che guiderà: sono certo che sarà un ottimo procuratore di Napoli», ha detto Melillo. Il quale rappresenta l’altro archetipo possibile del “magistrato-politico”: uomo di Stato, consulente delle istituzioni politiche dai tempi in cui lavorava con la commissione Antimafia, fino all’incarco di Capo di gabinetto a via Arenula con Orlando, Melillo ha il senso della politica come strategia, e infatti è perfetto per il suo attuale ruolo.

Gratteri ha invece l’istinto, del politico: tutt’altra cosa. È naturalmente portato a occupare il centro della scena pubblica: con gli eccessi inquisitori che ben si conoscono, con le troppe assoluzioni a fronte delle fluviali retate. Ma poi, in parallelo con l’attività giudiziaria strettamente intesa, che è sempre e comunque ad altissima intensità, Gratteri ha il potere di farsi ascoltare dall’opinione pubblica. Oggi ha prima detto che ha «lasciato la Calabria dove migliaia di cittadini hanno ritrovato la fiducia nella giustizia». Poi si è rivolto ai napoletani: «Dalla città mi aspetto denunce, spero di essere credibile, che lo sia il mio ufficio al punto tale da ricevere più denunce di quante se ne ricevano oggi».
Napoli è una città naturalmente bisognosa di riferimenti, di leadership, di figure carismatiche. Non si spiegherebbe altrimenti il lungo successo di Luigi de Magistris, figura vicinissima a Gratteri. Il quale, nella sala “Arengario” del Palazzo di Giustizia intitolato ad Alessandro Criscuolo, ha annunciato appunto di voler parlare con tutte le istituzioni, di volersi inserire nel “tessuto connettivo” della città. E quindi interloquirà con il sindaco Gaetano Manfredi e con il governatore, che per ora è Vincenzo De Luca, di qui a qualche mese si vedrà.

È una giusta richiesta di cooperazione, quella di Gratteri: ma è inevitabile che in questo link con il sistema-città, il neoprocuratore si stagli con una certa forza. Ed è forse altrettanto inevitabile che debordi, in modo naturale, involontario ma oggettivo, in un ruolo, in una visibilità da sindaco-ombra. Favorito, in un simile processo, anche dalla ridotta tendenza di Manfredi al protagonismo mediatico. Davvero c’è da interrogarsi su chi, tra Manfredi e Gratteri, sarà più presente, nei prossimi mesi e anni, in televisione e sui giornali?...
Un paio di mesi fa il Dubbio prefigurò, per l’allora nominando procuratore di Napoli, una prospettiva da ministro-ombra. Sarà così, è inevitabile, e quello è un problema con cui dovrà fare a breve i conti Carlo Nordio. A Napoli, Gratteri avrà una nuova centralità. Ne ha avuta anche in Calabria, dove però chi si espone è proiettato con minore intensità sulla scena nazionale. Napoli, seppur periferica in termini di potere economico, è tornata a essere centrale e assai esposta sul piano mediatico. E se ne vedranno gli effetti anche nella visibilità del ministro-ombra Nicola Gratteri.
C’è un ostacolo, sulla strada di questo processo di involontaria ma inevitabile sovraesposizione del procuratore: il rapporto con i suoi nuovi sostituti, che sono numerosi e anche forti, professionalmente attrezzati e sindacalmente agguerriti. Ebbe modo di sperimentarlo, quand’era lui a capo dell’ufficio, il povero Agostino Cordova, trasferito da Napoli, ad opera del Csm, per incompatibilità ambientale, sotto la spinta della fronda orchestrata dai pm partenopei.

Se Gratteri gestisse il rapporto con la propria squadra con l’approccio sbrigativo prospettato, prima della nomina, nelle audizioni al Csm, sarebbero guai, per lui naturalmente. Ma è tutt’altro che privo di fiuto, il procuratore di Napoli. E infatti stamattina ai cronisti ha detto che il primo atto del suo mandato sarebbe stato un incontro con i nuovi colleghi: «Voglio ascoltare tutti, capire se ci sono problemi e criticità per affrontarli subito». Detto fatto: Gratteri e i suoi 98 pm, alle 3 del pomeriggio erano già in conclave.
Sarà un capo capace di ascoltare, come ha promesso. Non c’è da dubitarne. Seppure istintiva, la sua vocazione politica è a tutto tondo: non trascura certo i rapporti professionali interni. Se ne accorgerà anche chi all’esterno confidava in un Gratteri messo invece in minoranza nella sua Procura, nella speranza di veder così sventata la “minaccia” di un magistrato capace di fare ombra ben al di fuori del palazzo di giustizia.