PHOTO
FABIO PINELLI CSM
Il repulisti delle tanto temute “toghe rosse” negli uffici giudiziari non c’è stato, così come non c’è stata alcuna “occupazione” dei posti che contano da parte di magistrati graditi al governo di Giorgia Meloni.
Non possono non far sorridere, a rileggerli ora, i titoli con cui diversi giornali avevano annunciato l’imminente “virata” delle toghe il 26 gennaio del 2023, all’indomani cioè dell’insediamento del primo Consiglio superiore della magistratura “a trazione centrodestra” nella storia della Repubblica, con l’elezione di Fabio Pinelli, avvocato padovano voluto dalla Lega di Matteo Salvini e Luca Zaia, a vicepresidente di Palazzo Bachelet. Il più euforico di tutti era stato il Giornale, quotidiano di punta tra quelli orientati più a favore dell’Esecutivo, con un titolo che non lasciava spazio a dubbi: «Magistrati rossi: l’ora della disfatta. Il centrodestra riesce a far eleggere il suo uomo al Csm». E ancora: «Basta alibi, è ora di riforma dal giustizia».
Il quotidiano allora diretto da Augusto Minzolini si lanciava poi in un plauso a Matteo Renzi, in quel periodo ostile al Pd e al M5S, che per il tramite del proprio uomo al Csm, l’ex deputato Ernesto Carbone, aveva permesso il colpaccio: “Con il Terzo polo ci sono i numeri per la storica riforma”.
Non era da meno Libero, giornale in quel periodo diretto da Alessandro Sallusti: «Il ribaltone. Il Centrodestra è unito. Addio al monopolio giudiziario rosso». E poi: «Clamoroso al Csm, un leghista a capo dei giudici». Anche dalle parti della Verità, altro quotidiano vicino al centrodestra, si faceva fatica a trattenere la gioia: «Sinistra giudiziaria battuta: il centrodestra strappa al Pd il vice del Csm. I progressisti divisi: i tempi di Area e Unicost pigliatutto sono finiti». Ed è soprattutto quest’affermazione a suonare, oggi, temeraria. Lo stesso Foglio, quotidiano tradizionalmente incline a una titolazione non particolarmente urlata, non era da meno: «Il Csm va a destra, ma è quella di Salvini. Sinistra nel pallone. Saltano i piani del Pd e delle toghe di Md e Area».
I quotidiani vicini alle opposizioni evidenziavano invece il cambiamento con toni meno trionfalistici. Il Fatto: «Csm, passa Pinelli: così Lega e Renzi sconfiggono Meloni». Il quotidiano diretto da Marco Travaglio passava poi in rassegna i pregressi professionali di Pinelli, ricordando ai lettori che l’avvocato padovano in passato aveva difeso «Siri, Morisi e Open».
«La Lega conquista il Csm con Pinelli. Per la prima volta dalla prima Repubblica il Csm elegge un vicepresidente d’area centrodestra», era invece il titolo di Domani, il giornale di Carlo De Benedetti. La Repubblica: «Csm, primo presidente di destra. Eletto Pinelli, l’avvocato dei leghisti». E infine il Corriere della Sera: «Pinelli, scelto dalla Lega, è vicepresidente del Csm».
A distanza ormai di due anni e mezzo, con il Csm che si appresta all’ultimo giro di boa in vista della scadenza prevista per gli inizi del 2027, poco prima della fine dell’attuale consiliatura, si può tranquillamente affermare che la narrazione dei giornali non è stata seguita dai fatti.
L’organo di governo autonomo delle toghe, infatti, ha nominato ai vertici degli uffici giudiziari più importanti quasi esclusivamente, al netto delle comunque indiscusse qualità professionali, toghe di orientamento culturale progressista. Di per sé la circostanza non è indicativa, perché nel caso della Suprema corte l’alto profilo degli aspiranti vertici fa comunque premio sulle connotazioni associative, ma resta agli atti che sono di orientamento progressista anche il presidente della Cassazione Pasquale D’Ascola e il pg Pietro Gaeta. Esattamente come la presidente della Scuola superiore della magistratura Silvana Sciarra.
In generale, la “svolta” che doveva dare il Csm “a trazione centrodestra” non c’è stata, e difficilmente, a questo punto, ci sarà mai. Ciò dimostra ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, quanto poco la politica, soprattutto di centrodestra, capisca il mondo della magistratura associata e le sue dinamiche interne. Un errore che fece per primo Silvio Berlusconi pensando ad Antonio Di Pietro come ministro della Giustizia nel suo governo.