«Datemi un miliardo e difenderò i vostri interessi». È la proposta indecente fatta da Donald Trump ai magnati americani del petrolio, frustrati dalle politiche green dell’amministrazione Biden che ha definito il riscaldamento climatico «una minaccia esistenziale».

Come ha rivelato il Washington Post, una ventina di amministratori delegati di diverse compagnie petrolifere hanno incontrato il tycoon il mese scorso nella sua lussuosa residenza di Mar- a- Lago, in Florida. Un incontro non ufficiale (si trattava di una cena) organizzato da Harold Hamm, un miliardario tra i donatori più facoltosi della campagna di Trump che gestisce la Continental Resources Oil. In parole povere l’ex presidente repubblicano avrebbe spiegato che esiste un solo modo per smontare l’agenda ambientalista del governo: il suo dirompente ritorno alla Casa Bianca.

E per vincere, come accade in tutte le elezioni d’oltreoceano, c’è bisogno di finanziare la campagna elettorale con una montagna di dollari, molti di più del proprio avversario: «Siete abbastanza ricchi per raccogliere un miliardo e per voi un miliardo non sarebbe di fronte al grande affare che vi prospetto», ha concluso alludendo anche a sgravi e favori fiscali.

Secondo le indiscrezioni del Washington Post, che cita una fonte anonima presente all’incontro, Trump si sarebbe impegnato, in caso di vittoria alle presidenziali di novembre, a porre fine alla sospensione dei permessi per le nuove esportazioni di gas naturale liquefatto (GNL), ma anche di mettere all’asta un maggior numero di contratti di locazione petrolifera nel Golfo del Messico, nonché di revocare le norme che limitano le trivellazioni offshore nell’Artico Alaska. Meredith McGehee, un’esperta di finanziamenti delle campagne elettorali ha rivelato al sito d’informazione Politico che «l’industria del petrolio americana ha già preparato dei decreti pronti a essere firmati da Trump.

«Sarà la prima cosa che farò appena eletto presidente» avrebbe garantito The Donald ai manager. Anche se le grandi compagnie si lamentano dei provvedimenti restrittivi imposti dal governo Biden piangendo miseria, le cifre ci dicono che il volume d’affari del comparto è decisamente aumentato: gli Stati Uniti oggi producono infatti più petrolio di qualsiasi altro Paese del mondo, pompando quasi 13 milioni di barili al giorno. ExxonMobil e Chevron, le principali società energetiche Usa, hanno generato nel 2023 i più grandi profitti dell'ultimo decennio. La strategia di Trump rimane nella sostanza la stessa del suo primo mandato: negare il cambiamento climatico, creare una campagna di “contro- informazione” e seppellire i vincoli ambientali per le grandi industrie.

Ancora ieri la portavoce della sua campagna elettorale Karoline Leavitt lanciava stoccate contro quello che chiama il catastrofismo del presidente: «Joe Biden è controllato da estremisti ambientali che stanno cercando di attuare l’agenda energetica più radicale della storia e di costringere gli americani ad acquistare veicoli elettrici che non possono permettersi».

L’Inflation Reduction Act del 2022, che era il piano d’azione sul clima di Biden, incanala circa 370 miliardi di dollari in sussidi nella transizione energetica degli Stati Uniti. Da quando si è insediato alla Casa Bianca il presidente dem ha fatto approvare un centinaio di nuovi regolamenti ambientali per tagliare l’inquinamento e le emissioni responsabili dei gas serra, ma anche per limitare l’utilizzo di pesticidi.