«Igiuristi di maggiore prestigio del Paese presentino domanda per il Consiglio superiore della magistratura». A dirlo dalle colonne del Messaggero due giorni fa è stato Angelo Ciancarella, giornalista, ex portavoce dell'allora ministro della Giustizia Giovanni Maria Flick.

Come è stata accolta la proposta tra gli operatori della giustizia accademia, magistratura, avvocatura - e tra i politici? Non è stato facile ottenere delle risposte da parte di alcuni esponenti dell’accademia e dell’avvocatura, per due ordini di ragione. La prima: parlare adesso potrebbe apparire come una autocandidatura agli occhi dei partiti e dei lettori. La seconda: auspicare l’elezione di figure di spicco sarebbe come dire che gli attuali o passati membri laici del Consiglio superiore della magistratura non sono stati all’altezza del compito. Comunque ecco quanto raccolto.

Innanzitutto il presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Giuseppe Santalucia: «L’auspicio, che mi sento di esprimere con forza, è anzitutto che il Parlamento non ritardi ulteriormente la nomina dei componenti del Csm. Per Costituzione il Csm ha una durata quadriennale e quindi occorre provvedere con urgenza, senza ulteriori dilazioni, alla sostituzione del Csm in carica, che ha già compiuto il suo quadriennio».

La votazione è prevista al momento per il 17 gennaio. Un terzo rinvio, dopo quello del 25 settembre e del 13 dicembre, sarebbe inspiegabile. «Aggiungo - ci dice ancora Santalucia - sempre in termini di forte auspicio, che il mondo forense e quello accademico sono ricchi di personalità di alto livello. Il Csm, per superare definitivamente le deprecate esperienze spartitorie di un non lontano passato, ha bisogno di una componente laica di quel tipo, che sappia interpretare nel modo più autentico e fedele il ruolo che la Costituzione le assegna, senza cedere alle tentazioni delle logiche degli accordi e delle convenienze di parte».

In conclusione, il presidente dell’Anm ci lascia così: «Confido che le forze politiche tutte abbiano a cuore, come noi magistrati, le sorti dell’organo che è presidio costituzionale della autonomia e della indipendenza della magistratura e che quindi si accingano a scegliere il meglio che la cultura giuridica del Paese esprime».

Per l’avvocato Giandomenico Caiazza, presidente dell’Unione camere penali italiane, «è certamente auspicabile che il livello delle candidature laiche al Csm sia tale da garantire al massimo livello qualità ed esperienza professionale. Sarebbe dunque un eccellente passo avanti se le forze parlamentari, deputate ad indicare e eleggere i componenti laici, lo facessero scrutinando indicazioni che provengono spontaneamente dall’accademia e dall’avvocatura».

Invece per il professore Adolfo Scalfati, ordinario di Procedura penale nell’Università di Roma Tor Vergata, «l’art. 22 della l. 24 marzo 1958, così come modificato dalla l. 17 giugno 2022 n. 71, nel prevedere un’autocandidatura dei membri laici eleggibili al Csm, si vanta di apprestare procedure più trasparenti; in realtà, la disciplina rappresenta una novità di facciata. Innanzitutto, non è detto che si presentino soggetti meritevoli di esercitare un ruolo così delicato; inoltre, la legge prevede che dieci parlamentari appartenenti a due diversi gruppi possono inserire nella lista dei candidati persone di loro gradimento; infine, non sono contemplati criteri di selezione. In definitiva, il parametro che guiderà la scelta del Parlamento sarà tutta di matrice politica, secondo logiche - oggi come ieri - che non privilegiano le qualità culturali di chi è destinato a ricoprire il seggio».

Abbiamo raccolto il parere anche dell’avvocato professore Oliviero Mazza, ordinario di Diritto processuale penale all’Università degli studi di Milano Bicocca, secondo il quale «le candidature particolarmente qualificate sono certamente auspicabili, ma a monte sarebbe stato meglio individuare requisiti di legge più stringenti, così da evitare il centinaio di candidati che rappresenta uno spaccato poco edificante». Per Mazza «non si può lasciare alla autovalutazione individuale la scelta se candidarsi o meno per un ruolo così rilevante, il legislatore avrebbe dovuto indicare criteri di chiara fama che escludessero i Carneade di turno».

Al momento sul sito della Camera dei deputati possiamo leggere che ad autocandidarsi sono stati circa 150 tra professori e avvocati. Ricordiamo che gli unici requisiti per proporsi al Csm da laico sono di essere «professori ordinari in materie giuridiche o avvocati con almeno 15 anni di esercizio della professione».

Proprio da Montecitorio abbiamo sentito il deputato e presidente di + Europa Riccardo Magi che esattamente a novembre scorso aveva indirizzato al presidente della Camera Lorenzo Fontana una lettera per chiedere come intendesse procedere per garantire «trasparenza e parità di genere» in questo processo decisionale dei laici del Csm: «Ribadisco - dice al Dubbio il parlamentare radicale - che se davvero si vuole garantire una maggiore trasparenza e la parità di genere nelle dinamiche che sono alla base della scelta dei membri Csm servono due misure minime: curriculum dei candidati da depositare e pubblicare e preferenze di genere. Senza queste ovvio che la spartizione avverrà come prima e più di prima».