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Con la sentenza numero 144, la Corte Costituzionale ha respinto la questione di legittimità costituzionale relativa all'articolo 63, comma 2, terzo periodo, del decreto legislativo numero 165 del 2001 (noto come Testo Unico sul Pubblico Impiego – TUPI). Tale questione era stata sollevata dal Tribunale di Trento, in qualità di giudice del lavoro.
Il giudice rimettente, chiamato a decidere sulla liquidazione dell'indennità risarcitoria a favore di un dipendente pubblico reintegrato dopo un licenziamento ritenuto illegittimo, aveva riscontrato un problema interpretativo. Egli aveva ritenuto di non poter commisurare l'indennità all'«ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto» (TFR), come prescritto dall'articolo 63 del TUPI. La ragione era che il ricorrente, essendo in servizio prima del 31 dicembre 1995, non aveva optato per il TFR, continuando a essere soggetto al diverso regime dell'indennità premio di servizio (IPS).
Secondo il Tribunale, il parametro corretto per determinare il risarcimento doveva essere l'emolumento di fine rapporto (IPS o TFR) spettante in concreto al lavoratore al momento del recesso illegittimo.
Il principio di disparità
Il Tribunale aveva ipotizzato che l'applicazione del solo parametro TFR creasse un'ingiustificata disparità di trattamento tra dipendenti pubblici illegittimamente licenziati e poi reintegrati. Secondo questa lettura, il lavoratore in regime IPS avrebbe ricevuto un'indennità risarcitoria di importo inferiore, a causa della base retributiva più ristretta utilizzata per il calcolo dell'IPS.
La Corte Costituzionale, tuttavia, ha ritenuto errato il presupposto interpretativo da cui muoveva il giudice a quo. La Consulta ha chiarito che l'articolo 63, comma 2, del TUPI, nella sua nuova formulazione, quando fa riferimento al TFR, fornisce un parametro astratto per la liquidazione dell'indennità risarcitoria dovuta al lavoratore illegittimamente estromesso, in aggiunta alla tutela reale della reintegrazione.
Il legislatore, infatti, modificando la disposizione nel 2017, ha voluto armonizzare la disciplina relativa al licenziamento del dipendente pubblico con contratto di lavoro, in modo da garantire, indistintamente a tutto il personale, il medesimo meccanismo rimediale in caso di recesso illecito da parte del datore di lavoro pubblico. Questo principio si applica a prescindere dalla scelta del lavoratore di non transitare dal regime IPS a quello TFR, una scelta che riguarda la fase fisiologica della chiusura del rapporto di lavoro e non la fase patologica del recesso illegittimo.