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«Dal governo una infornata di consiglieri di Stato con la solita lottizzazione».
A dirlo, sul social “X”, è Enrico Costa, deputato e responsabile Giustizia di Azione, a proposito della nomina di cinque nuovi giudici a Palazzo Spada, deliberata dal Consiglio dei ministri. L’indicazione dei magistrati che vanno a far parte della massima giurisdizione amministrativa è, d’altronde, sempre fonte di polemiche. La legge prevede che il governo possa integrare i componenti di Palazzo Spada con soggetti provenienti dall’accademia, dall’avvocatura o dai vertici della pubblica amministrazione e che abbiano competenze multiformi e specialistiche, in prospettiva anche di natura non giuridica. Guardando i profili dei nominati negli ultimi anni balza però all’occhio che quasi sempre si tratta di ex prefetti, dirigenti ministeriali, generali dei carabinieri o della guardia di finanza in pensione che, promossi giudici amministrativi, sono chiamati a decidere della tutela degli interessi legittimi e dei diritti soggettivi dei cittadini avverso gli atti delle
amministrazioni di cui facevano parte fino al giorno prima. È da qualche tempo venuto meno infatti il “divieto” di destinare tali figure alle sole sezioni consultive. Sulla composizione mista del Consiglio di Stato ( nominati dal governo, giudici provenienti dai Tar e vincitori di concorso), in passato si era espressa in senso positivo anche la Corte costituzionale. Il Consiglio di Stato è ormai «per pensionati eccellenti e soggetti da stipendiare profumatamente», ha aggiunto Costa, non lesinando critiche a coloro che verranno messi fuori ruolo nei ministeri per fare «il doppio lavoro giudiziario».