Palazzo Bachelet cambia la propria geografia consiliare. E ancora una volta vince la lottizzazione, con un accordo tra correnti che lascia fuori, non a caso, l’unico consigliere indipendente. Andrea Mirenda, eletto grazie al “sorteggio residuale” già previsto dalla riforma Cartabia. Mirenda è l’unico componente del Csm assegnato a una sola commissione, la prima, quella per le incompatibilità. E nemmeno come presidente, ma come “soldato semplice”, marginalizzato, depotenziato: quasi un unicum nel suo genere.

Mirenda si trovava precedentemente in quinta commissione, la più appetibile in termini di potere: è lì che il gioco delle correnti è più forte, dato che la posta in gioco sono gli incarichi direttivi e semidirettivi. E le sue posizioni si sono rivelate tutt’altro che accomodanti: più volte, infatti, ha denunciato quello che appariva ai suoi occhi come un fenomeno di “continuità” con l’epoca Palamara, in cui le correnti ragionavano sulle nomine in base a logiche diverse dal merito.

L’ultima occasione per manifestare il suo dissenso era stata offerta dalla scelta dei candidati per l’incarico di procuratore a Catania: il 20 maggio scorso, infatti, la toga anti correnti ha abbandonato la seduta in segno di protesta «dopo l’ennesima riunione straordinaria per riscrivere le regole del Testo unico sulla Dirigenza», aveva chiarito con una nota, «riunione resa inutile ancora una volta dalla mancanza di una seria volontà di arginare i ben noti arbitrii correntizi in tema di nomine». In quell’occasione, Mirenda aveva invitato la quinta commissione «a deliberare senza indugio la nomina del procuratore di Catania», in quanto «già completamente istruita alla data del 9 aprile 2023».

Gli altri consiglieri dell’organismo preposto a discutere le nomine avevano però ignorato la richiesta, rinviando ulteriormente la delibera, per far quadrare, sostiene Mirenda, i conti: la scelta relativa a Catania, spiegava infatti il togato indipendente, andava fatta «unitamente a quelle del procuratore generale di Napoli, del presidente della Corte di Appello di Salerno e del relativo procuratore generale. Il tutto, a mio sommesso avviso, nell’intento, non commendevole, di trovare una quadratura generale delle pratiche menzionate». Di fatto un esempio in sedicesimi dell’antico, e tecnicamente oggi vietato, sistema delle nomine a pacchetto. Da qui Mirenda ha preso atto «con estrema amarezza» del fatto che «nonostante gli scandali che più è più volte lo hanno travolto, il Consiglio, immune a ogni revisione critica del proprio passato, persevera in dinamiche che, quando non opache, appaiono sicuramente estranee alle regole procedimentali e di merito che ne disciplinano l’attività».

Mirenda aveva dunque scelto di rinunciare alla commissione più desiderata, confermandosi però una spina nel fianco. Anche se potenzialmente ininfluente – perché da solo in un gioco fatto di squadre –, il suo voto ha finora avuto il merito di smascherare possibili ipocrisie di un sistema che cambia tutto per rimanere identico a se stesso. Sarà stata, forse, dunque l’attitudine alla denuncia – bipartisan – a far perdere a Mirenda il secondo posto in commissione: fino al 10 giugno, infatti, giorno in cui entrerà in vigore la nuova geografia, il magistrato siederà anche nella “Nona”, quella deputata ai rapporti istituzionali nazionali e internazionali, attività di formazione ed esecuzione penale.

Il “nuovo” Csm rispecchia dunque il rapporto di forze attualmente vigente all’interno delle correnti, con 3 presidenze a Magistratura indipendente, la corrente in passato accusata dagli avversari di orientamento filo governativo, che ha piazzato Paola D’Ovidio alla “Terza” e alla commissione Verifica titoli e Maria Vittoria Marchianò alla “Settima”. Due le presidenze ad Area, con Tullio Morello alla “Prima” e Maurizio Carbone alla “Ottava”, e una a Unicost, con Roberto D’Auria alla “Sesta”, quella che fornisce i pareri sulle leggi del governo, fino a oggi guidata da Marcello Basilico di Area. Altre tre presidenze vanno ai laici di centrodestra, in particolare a tre consiglieri indicati da FdI: Daniela Bianchini (alla “Nona”), Isabella Bertolini (alla “Quarta”, che si occupa delle valutazioni di professionalità) e Felice Giuffrè, (all’Ufficio Studi). Una, la ambitissima “Quinta”, sarà presieduta da Ernesto Carbone, il laico voluta da Italia viva contrario alla separazione delle carriere. E c’è chi è componente di ben tre commissioni, ovvero Bianchini, che oltre alla carica da presidente porta a casa anche una presenza da vice, nella “Terza”, che si occupa dell’accesso in magistratura e mobilità, e una da “soldato semplice” in “Quarta”.

Insomma, impossibile non notare l’anomalia Mirenda, che però non ne vuole sapere di farne un fatto personale. «Non sono qui per accaparrarmi posti – risponde laconico interpellato dal Dubbio – , sono qui per segnalare le cose che non vanno. Non ho alcun commento da fare». Ma non c’è nessuno, all’interno del Csm, che non abbia fatto caso alla situazione. E c’è anche chi avrebbe manifestato solidarietà al consigliere laico, invitandolo a protestare perfino col Quirinale, invito che sarebbe stato respinto in maniera netta dal diretto interessato. «Troppo imprevedibile nel voto», questo il commento più ricorrente riguardo al consigliere indipendente. Che però risulterebbe, al contrario, prevedibilissimo: il documento più citato da Mirenda è infatti il Testo unico, da cui più volte, stando alle pronunce del Tar e del Consiglio di Stato, il Csm si sarebbe invece discostato.

Per evitare la lottizzazione, la soluzione sarebbe più semplice stata il sorteggio. Se non a monte – come accadrà qualora si realizzasse la riforma Nordio –, quantomeno a valle, per scegliere appunto i membri delle commissioni e affidare al caso i rapporti di forza che, comunque, si verrebbero a determinare. Anche perché la scelta dei componenti non passa attraverso una selezione relativa alla competenza attitudinale: il supporto logistico è infatti affidato ai magistrati segretari, che fanno il lavoro più grosso prima di passare la palla ai consiglieri. Basterebbe dunque un sorteggio per evitare quelle logiche da manuale Cencelli di palamariana memoria. Ma «perfino i magistrati segretari fanno riferimento alle correnti», spiega sconsolata una voce interna al Csm. E se ciò non bastasse, anche la geografia fisica delle stanze di Palazzo Bachelet si richiama a questa logica: al pian terreno le correnti di centrodestra, al primo piano quelle di sinistra, al terzo piano i consiglieri punto di riferimento di Fratelli d’Italia. Tutto cambia perché nulla cambi.