Andranno a processo i quattro 007 egiziani accusati del sequestro e dell'omicidio di Giulio Regeni, il ricercatore friulano rapito, torturato e ucciso in Egitto nel 2016. La decisione del gup Roberto Ranazzi, che ha accolto la richiesta di rinvio a giudizio formulata dal procuratore aggiunto Sergio Colaiocco, è arrivata al termine dell'udienza preliminare ripresa oggi dopo la sentenza della Corte Costituzionale che ha sbloccato il processo.

La prima udienza è fissata per il 20 febbraio davanti alla Prima Corte d'Assise di Roma. In aula erano presenti i genitori di Giulio Paola Deffendi e Claudio Regeni accompagnati dal loro legale l'avvocato Alessandra Ballerini. I quattro agenti della National Security che andranno a processo sono il generale Sabir Tariq, i colonnelli Usham Helmi, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif per il reato di sequestro di persona pluriaggravato, e nei confronti di quest'ultimo i pm contestano anche il concorso in lesioni personali aggravate e il concorso in omicidio aggravato. Nel procedimento è stata ammessa come parte civile la Presidenza del Consiglio dei Ministri. 

«Ringraziamo tutti, oggi è una bella giornata», commenta la madre di Giulio. Nel corso della requistoria davanti al gup, il procuratore aggiunto di Roma Sergio Colaiocco ha sottolineato che ricostruire nel corso di un processo penale i fatti storici e le singole responsabilità «corrisponde a un obbligo costituzionale e sovranazionale. Un obbligo che la Procura di Roma con orgoglio ha sin dall'inizio delle indagini cercato di adempiere con piena convinzione». Il pm ha aggiunto che l'assenza dei quattro imputati «non ridurrà il processo a un simulacro».