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Gentile dottor Gratteri, molti auguri per il suo primo giorno di scuola a Napoli. Domani alle ore 12 lei andrà a occupare il ruolo di numero uno della Procura più grande e popolosa d’Europa. Si è già fatto precedere da alcune dichiarazioni molto prudenti e accomodanti, quasi come se il cuor di leone di Calabria, dopo aver strigliato preventivamente eventuali lazzaroni e pigri e terroni nullafacenti “perché nel mio ufficio si lavora dalle 8 alle 8”, si fosse un attimo fatto intimidire.
Ma sappiamo che questo è impossibile, è chiaro che è solo strategia. Lo sanno bene gli avvocati dell’Unione Camere penali, che hanno ricordato i conflitti dei colleghi con il procuratore in quel di Catanzaro, e anche una parte di quelli che a Napoli indossano la toga ”giusta”, cioè della casta dei magistrati. Sono quelli di sinistra, quelli che nei simposi affrontano i problemi nella loro “complessità” e che temono un futuro semplificato dall’arrivo di uno “sceriffo” che bada al sodo e per il quale o è bianco o è nero, o sei colpevole o magari alla maniera di Davigo, sei un colpevole non ancora scoperto.
Situazione complicata, per un procuratore che inconsapevolmente possiede un alfabeto giuridico più vicino al sistema accusatorio anglosassone che a quello mediterraneo. Con la contraddizione di essere perennemente “in lotta” senza esser mai stato eletto e senza dover mai rispondere a nessun soggetto politico e istituzionale del proprio operato. Dovrebbe essere in prima fila a firmare l’appello della Fondazione Einaudi per la separazione delle carriere, uno come Gratteri. Ma sa che non gli conviene, perché rispondere solo a se stesso è più comodo. E anche perché nessuno gli farà mai pagare le tante sconfitte di questi anni, i blitz sgonfiati come palloncini, gli arrestati scarcerati dai giudici. Perché tanto lui continua a dire che non è vero, come se i suoi provvedimenti, i suoi blitz che sono sempre epocali, trovassero perennemente il consenso di giudici di ogni grado di giudizio. Eppure non è così, e purtroppo, dopo i suoi 35 anni di servizio in terra di Calabria, la ‘ndrangheta è viva e vegeta e per nulla intimidita. Ci sono due questioni che vorremmo porle, dottor Gratteri, nel suo primo giorno di scuola.
La prima è quella della sua popolarità, che è altissima, anche perché in questi anni lei ha sfornato 22 libri ( e tra un mese ne esce un altro) scritti con Antonio Nicaso di cui lei dice che è stato costretto a emigrare in Canada perché “in Calabria non riusciva a diventare giornalista”. Come a dire che era troppo anti-mafioso, per poter fare carriera. Quindi in Calabria ci sono solo giornalisti compromessi con le cosche? Ci scusi la semplificazione, ma ogni tanto anche a noi pare che la realtà sia tutta bianca o tutta nera. Anche quella della sua sicurezza personale, che è importantissima, con 8-10 persone fisse al suo fianco, oltre a quelli che a ogni suo spostamento devono andare a controllare e bonificare il territorio.
Lei dice che è importante la popolarità di un procuratore, non per la sua vanità personale, ovviamente, ma per il messaggio alla popolazione. E caschiamo di nuovo nella contraddizione, perché lei, dottor Gratteri, deve solo applicare la legge, non cercare il consenso dei cittadini. Perché se dovessimo buttarla in politica, allora dovremmo chiederle conto del fatto che certe sue fallimentari inchieste hanno contribuito per esempio a distruggere la carriera politica dell’ex governatore della Calabria Mario Oliverio e di conseguenza a rovesciare, grazie anche all’insipienza dei dirigenti del Pd, la situazione di governo regionale con il passaggio dal centrosinistra al centrodestra. Non crediamo che il suo sia stato un voluto complotto politico in una sola direzione. Lo dimostra anche l’ultima questione che desideriamo porle nel suo primo giorno di scuola.
Lei con orgoglio rivendica di aver fatto costruire “la più grande aula-bunker d’Europa”, poi ci ha stipato dentro oltre 300 imputati nel processo ”Rinascita Scott”, che ormai volge al termine. I giudici sono da giorni in camera di consiglio e non ne usciranno prima del 9 novembre, dopo aver esaminato migliaia e migliaia di pagine e aver ascoltato centinaia di ore di deposizioni. Un processo-mostro, in cui gli imputati sono legati tra loro dai reati associativi, cioè il contrario di quello che dovrebbe essere il sistema processuale accusatorio. Un grande sforzo per le tre giovani giudici, molto preparate ma di non lunga esperienza.
Sarebbe stata utile al loro fianco la presenza di quella loro collega più anziana, Tiziana Macrì che lei, procuratore, non solo ha voluto far allontanare per una questione di incompatibilità davvero insignificante, ma ha anche “ripreso” perché non si era astenuta subito al momento della sua richiesta senza attendere la decisione della corte d’Appello. Sarebbe stata utile, ma confidiamo che il tribunale, pur nel marasma assurdo delle migliaia di pagine e delle centinaia di ore delle deposizioni, sappia discernere, per esempio, su quella famosa “zona grigia” nella quale non credeva Giovanni Falcone, ma che è molto servita al procuratore Gratteri nei suoi rapporti con la stampa, in particolare quella locale.
È soprattutto sulle ricerca convulsa dei collaboratori esterni della mafia, che le inchieste della Dda di Catanzaro hanno fallito. Hanno fallito quando la Cassazione ha colto un intento persecutorio nelle incriminazioni di Oliveiro. Parole chiare hanno pronunciato i giudici anche sul caso dell’avvocato Pittelli, la cui estraneità alle accuse è stata certificata da diverse decisioni di legittimità. Perché l’accusa è sempre una sola, quella di aver propalato informazioni riservate sulle dichiarazioni di un “pentito”. Ma è stato accertato che quelle notizie erano già di dominio pubblico, e due diverse sezioni di cassazione lo hanno riconosciuto. Pure il suo ufficio, dottor Gratteri, ha chiesto per il penalista calabrese 17 anni di carcere. Diciassette anni è quel che si chiede per un omicida, signor Procuratore!
E se, come sarebbe giusto, Giancarlo Pittelli sarà assolto, lei non potrà più dire che si citano sempre i soliti casi, perché certi “soliti casi” sono quelli che, dopo che è stata distrutta la vita personale e professionale delle persone, rischiano di diventare un’ombra pesante anche nella vita e nella carriera di chi li ha pervicacemente voluti colpevoli pur conoscendo la loro innocenza. Ci pensi, dottor Gratteri, nel suo primo giorno di scuola a Napoli. E auguri di buon, anzi migliore, lavoro.