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IL LEADER DI AZIONE: «IL GRANDE CENTRO NON ESISTE»
«Chissenefrega cosa si sono detti Sala e Di Maio». Il giorno dopo l’incontro tra il sindaco di Milano e il ministro degli Esteri, il leader di Azione, Carlo Calenda, fa finta di niente, dice che «Sala è un ottimo sindaco» ma ammette di no capire «cosa lo spinga ad aprire a Di Maio» che «non c’entra niente con quest’area» ( liberale e riformista, ndr) e che «ha fatto 18 parti in commedia avvelenando il dibattito italiano».
Il contesto è la presentazione del Comitato di garanzia dei liberali democratici repubblicani europei, una sorta di embrione del progetto che in autunno si concretizzerà in vista delle Politiche 2023. «Il 24 settembre c'è il congresso fondativo di quest’area e il nostro invito è aperto, chi vuole partecipare è ben accetto - ha spiegato Calenda - Stiamo cercando di fare l’unica cosa che può salvare il Paese perché alle prossime elezioni questo movimento permetta l’unificazione delle forze europeiste, popolari, social democratiche e liberali, prenda più del 10 per cento e non consenta un governo di destra. Ne ha per tutti, Calenda, a destra come a sinistra. «M5S e Fd’I devono essere esclusi dalle coalizioni per il prossimo governo - incalza Spero sempre in un ravvedimento operoso della Lega, che capisca che Salvini sia un ottimo Dj del Papeete e niente più: mi piacerebbe parlare agli elettori di destra, chiedere loro se Forza Italia, che in Europa governa con il Pd contro Salvini e Meloni, poi possa governare con Lega e Fd’I, che si detestano».
Poi tocca al centrosinistra. «Immaginate oggi la vittoria del campo largo, da Mastella a Bonelli, da Conte e Di Maio: voglio vedere se c’è un elettore di questa roba che ritiene possa governare». Quindi fonderà il nuovo centro? Macché. «Non esistono i grandi centri - risponde - è solo un gioco estivo dei giornali: noi diciamo di no, fatevelo per conto vostro».
Infine arriva l’attacco più duro, quello contro i Cinque Stelle, definiti «un pericolo per la sicurezza di questo Paese». Secondo Calenda «accarezzano la pancia a difetti culturali che il Paese ha sempre avuto e lo portano verso la strada dell'irresponsabilità che può determinare una deriva venezuelana». Niente male, per non essere ancora in campagna elettorale.