I servizi sociali avevano in carico A. e sua mamma già dal 2012, ma soltanto nel 2018, dopo aver riferito a psicologa, madre e maestre dei presunti abusi subiti da parte del compagno della madre, la bambina è stata allontanata, su disposizione del Tribunale dei minori, dopo la denuncia della psicologa e la segnalazione della scuola.

Nessun rapimento, dunque, come denunciato da un palco durante una recita dal nonno della bambina, sentito lunedì in aula nel processo “Angeli e demoni” sui presunti affidi illeciti nella Val d’Enza. Si tratta del cosiddetto caso zero: la bambina - nata dalla relazione tra un 17enne che si scoprì avere problemi psichici e una ragazza di soli 14 anni - viveva con i nonni, che dal 2012 venivano seguiti dai servizi, nei cui confronti avevano obblighi di comunicazione immediata e trasparente. «Nonostante questo - spiega al Dubbio Oliviero Mazza, difensore assieme a Rossella Ognibene di Federica Anghinolfi, responsabile dei servizi sociali - hanno voluto gestire tutto da soli, compresi i rapporti con la scuola, e questo ha creato una serie di problematiche anche di comunicazione con i servizi».

La bambina, nel 2017, ha iniziato a manifestare problemi di enuresi diurna e ha rivelato alla psicologa e poi alle insegnanti e anche alla nonna che poi lo ha ammesso in aula - dei presunti abusi subiti da parte del compagno della madre (la cui posizione è stata archiviata). Da quel momento, la situazione della bambina - già problematica e con una certificazione ex lege 104 - è peggiorata. «I nonni - ha aggiunto Mazza - hanno comunque tentato di minimizzare le situazioni di disagio legate al contesto familiare, quali gli episodi del padre della bambina, spesso aggressivo verbalmente nei confronti dei genitori a volte anche davanti alla piccola».

Una situazione di violenza assistita ammessa dallo stesso nonno, ma di cui i servizi non erano stati informati. «Se i servizi avessero voluto portare via la bambina ai nonni avrebbero potuto farlo in qualsiasi momento dal 2012 - ha evidenziato ancora Mazza – dato che il decreto del Tribunale del 2012 disponeva la collocazione etero familiare di madre e figlia già da quel momento. I Servizi hanno invece dato ascolto alle richieste di genitori e nonni e hanno consentito che la situazione si stabilizzasse senza collocazioni fuori ambito familiare. Se nel 2018 il Tribunale per i Minorenni ha disposto la collocazione della bambina al di fuori della famiglia è accaduto solo dopo la segnalazione della psicologa e dopo le relazioni della scuola».

Secondo il Tribunale dei Minori, i genitori della bambina avevano «comportamenti francamente abbandonici quando non disturbanti» e quanto al padre «problematiche personali molto gravi». Dopo le confidenze alla maestra, i giudici sottolineavano «forti segnali di malessere» dovuti al presunto abuso. Il nonno ha ammesso in udienza che avrebbe fatto di tutto per evitare l’allontanamento della nipote, comportamento stigmatizzato nel secondo decreto del Tribunale dei Minori, secondo cui non solo «il servizio ha agito nel pieno rispetto del decreto emesso», ma «sono stati confermati nella minore gli importanti segnali di disagio ed esposizione a situazioni violente anche di marca sessuale», arrivando anche a riferire «a più persone» che «le mancava il sesso» e «le carezze» dell’ex compagno della madre, nonostante fosse una bambina di soli 10 anni.

Al momento dell’allontanamento, secondo quanto messo nero su bianco dal Tribunale, «la minore ha compreso e riferito che a casa ci sono tante cose che la fanno stare male», a partire dagli scoppi d’ira del padre, cui «assisteva con forte paura», arrivando «addirittura a pensare al suicidio». Ciononostante, il nonno, prima di una recita scolastica, fece irruzione sul palco, nonostante il tentativo degli organizzatori di dissuaderlo, dichiarando che la bambina era stata rapita dai servizi e sottratta contro il suo volere, provocando un vero e proprio shock nei bambini presenti, scoppiati in lacrime.

L’uomo ha dichiarato in aula che nessuno gli riferì del pianto della bambina nel corso del suo allontanamento da casa, ciononostante, sul palco, egli la descrisse come prelevata mentre piangeva. Un «dato non veritiero», come stigmatizzato dal Tribunale dei Minori, che da tale comportamento ha tratto ulteriore motivo per confermare l’allontanamento della bambina dal nucleo familiare.