Riportiamo di seguito un estratto del discorso pronunciato dal procuratore generale di Bologna Lucia Musti in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2023.

… Dunque, dove eravamo rimasti?

Per richiamare la locuzione del giornalista Enzo Tortora quando, il 20 febbraio del 1987, riprese la sua attività dopo l'assoluzione da reati infamanti che portarono - quale effetto - alla prima emanazione della legge sulla responsabilità civile dei magistrati in conseguenza della mala gestione dei cosiddetti pentiti. Cercherò dunque di riprendere un po' il filo del mio discorso che ho lasciato il 22 gennaio del 2022 e che mi vede, anche quest’anno, Procuratore Generale facente funzione.

Orbene l'anno scorso ho proceduto ai saluti ed ai ringraziamenti dei magistrati andati in pensione ovvero trasferiti. Ed allora voglio rivolgere il ringraziamento ai quattro colleghi, Nicola Proto, Stefano Orsi, Antonella Scandellari e Massimiliano Rossi, con i quali ho condiviso, a partire dal 30 dicembre 2021 sino al 25 novembre 2022, data di presa di possesso di un Sostituto, l'immane lavoro di una Procura Generale che presenta un organico di 13 magistrati, organico che neppure è commisurato al carico qualitativo e quantitativo che caratterizza il distretto dell’Emilia-Romagna, distretto che patisce una generale sottovalutazione, quanto meno con riguardo agli organici degli uffici requirenti tutti.

Chi vi parla (una e trina in quanto Procuratore Generale, Avvocato Generale e Sostituto Procuratore Generale) è stata costretta, stante la grave carenza d'organico, nonostante lo spirito di abnegazione dei colleghi, a ricorrere ripetutamente all’istituto dell’applicazione, attingendo dalle Procure della Repubblica che, in quel momento, presentavano una minore criticità. Ringrazio i Capi degli Uffici ed i loro Sostituti che hanno prestato il loro apporto. E comunque abbiamo deciso che avremmo dovuto rimboccarci le maniche, senza piangerci addosso, con la consapevolezza doverosa dell'arduo compito che ci attendeva, garantendo il servizio a fronte di una mole significativa di udienze e di un distretto che produce, specularmente al suo tessuto socio/economico/produttivo, un complesso prodotto criminale che varia dal terrorismo, alle mafie, al fallimentare/finanziario/societario, alla prevenzione patrimoniale e personale, all’internazionale.

Abbiamo cercato di presentarci come un Ufficio requirente di secondo grado diverso, moderno, al passo con i tempi nei rapporti con la Corte d’Appello con riguardo all'evoluzione dell'informatizzazione, della digitalizzazione, della ricerca delle scelte organizzative più idonee.

Abbiamo pensato un nuovo modo di interfacciarci con l’Avvocatura e con lo straordinario e prestigioso mondo universitario, ma anche economico sociale che ci circonda; abbiamo interagito altresì in modo proficuo con le Prefetture tutte, con le Autorità di Polizia Giudiziaria del Distretto, sempre con l'orgoglio dell'appartenenza e la consapevolezza di lavorare per il bene comune.

Le riunioni e gli incontri che abbiamo promosso contribuiscono in parte a provare quanto vi ho testè detto. (...)

Lo stato dell'arte ci vede con un organico di otto Sostituti Procuratori Generali e saluto i nuovi arrivi, magistrati di elevata e varia esperienza professionale, quali Silvia Marzocchi, Antonietta Di Taranto, Licia Scagliarini, Silvio De Luca, la cui presa di possesso è imminente. Attraverso i saluti, sono evidentemente entrata nella narrazione dell’attività del distretto che ora procede per spot argomentativi. La Relazione cd. ufficiale e tradizionale è rilegata e riporta maggiori e diversi dettagli su tematiche affrontate dai Procuratori e dalla scrivente, corredata di statistiche.

La strage, le stragi 

Nel corso del mio intervento del 22 gennaio 2022 avevo chiuso questo argomento dicendo che era prossima la requisitoria di questo Generale Ufficio e che “sarà pronunciata sentenza nei mesi di marzo -aprile prossimi”. Ed in effetti il 6 aprile 2022 è stata emessa dalla Corte d'Assise di Bologna sentenza di condanna all'ergastolo nei confronti di Paolo Bellini, ma altresì sentenza di condanna alla pena di anni sei di reclusione nei confronti di Piergiorgio Segatel per il delitto di depistaggio ed anni quattro di reclusione nei confronti di Domenico Catracchia per false dichiarazioni al pubblico ministero. Non solo ergastolo, dunque, ma ho voluto altresì sottolineare le altre due suddette rilevanti condanne che connotano un'indagine svolta per la durata di tre anni dalla Procura Generale di Bologna nell'ambito della quale sono stati ricostruiti in maniera completa i profili di responsabilità dei mandanti finanziatori della strage di Bologna, passando attraverso lo studio degli atti del crack del Banco Ambrosiano, degli atti della strage di Brescia e, in generale, di tutti i numerosi processi seguiti ai gravissimi fatti delittuosi commessi nei c.d. anni di piombo. E’ evidente che in questa fase occorre estrema cautela, trattandosi di sentenza non definitiva. Tuttavia, in ogni caso, posso affermare che il processo concluso in primo grado ha portato alla luce un inquietante quadro complessivo in cui erano coinvolti alti responsabili di settori deviati dei servizi di intelligence, controllati dalla P2 di Licio Gelli, in un’ottica di continuità con le stragi di piazza Fontana e Piazza della Loggia. D’altra parte la requisitoria della Procura Generale ha occupato quattro pubbliche udienze e, solo per morte di taluno degli imputati, da intendersi quali ulteriori autori, sia pur secondo l'Accusa, si è limitata alla richiesta di un solo ergastolo. Anche in questo mio intervento, analogamente al precedente, anticipo un prossimo importante evento legato al processo della strage, ovverosia il deposito delle motivazioni della sentenza di condanna, sentenza che è attesa dalla stragrande maggioranza della società civile e democratica del nostro Paese, ma anche da quella assolutamente minima e quasi impercettibile parte del medesimo Paese che sottovaluta e/o minimizza, nel legittimo esercizio di critica del nostro operato, la ricostruzione che l'Ufficio che rappresento ha portato all'esame dei Giudici di primo grado.

L'anno appena trascorso ha visto la celebrazione del trentennale delle stragi di Capaci e di via d'Amelio, celebrazione che ha irradiato l'intero Territorio nazionale, celebrazione che non deve ritenersi esaurita allo scadere temporale dell'anno appena trascorso ma che, anche in sede di Inaugurazione dell'Anno giudiziario, ci vede uniti insieme, distretto di Bologna ed altri distretti, tuttora impegnati nei processi, ma anche nel completamento della ricostruzione di quelle stragi che vedono la criminale collaborazione tra organizzazioni mafiose ed eversive. La Procura Generale di Bologna sarà presente il 19 aprile p.v. al processo d'appello nei confronti di Gilberto Cavallini, e in attesa della fissazione nel rispetto dei tempi tecnici, saremo presenti nel processo d'appello nei confronti di Paolo Bellini.

Il carcere e il carcere duro

L'argomento è di particolare delicatezza, oltre a rivestire costante attualità. Quale Procuratore Generale del Distretto, nonché Pubblica accusa innanzi al Tribunale di Sorveglianza dell’Emilia-Romagna, presto particolare cura alla situazione delle nostre carceri.

Di seguito i dati di attualità circa i detenuti in Emilia-Romagna.

1) regime di cui all’art. 41 bis O.P.: n. 69 ristretti presso l’Istituto penitenziario

di Parma, tutti di sesso maschile con reati principali 416 bis, 575 con 577, 628,

629, 648 c.p., ovvero artt. 74 e 73 DPR 309/90 tutti commessi con l’aggravante

di cui all’art. 416-bis1 c.p.;

2) regime AS2 n. 8 ristretti presso l’Istituto penitenziario di Ferrara, tutti di

sesso maschile, con reato principale art. 270 bis c.p.;

3) regime AS1 n. 35 ristretti presso l’Istituto di Parma, 1 a Ravenna, di sesso

maschile e una donna a Piacenza, con i reati principali 416 bis, 575 con 577,

628, 629 c.p., ovvero artt. 74 e 73 DPR 309/90 tutti commessi con l’aggravante

di cui all’art. 416-bis1 c.p.;

4) regime AS3 per un totale di 288 così distribuiti negli Istituti penitenziari:

- n. 78 di sesso maschile a Bologna,

- n. 2 di sesso maschile a Castelfranco Emilia;

- n. 2 di sesso maschile a Modena;

- n. 186 di sesso maschile a Parma;

- n. 1 di sesso maschile a Ravenna;

- n. 3 di sesso maschile a Reggio Emilia;

- n. 16 di sesso femminile a Piacenza con reati principali 416 bis, 575 con 577,

628, 629 C.P., ovvero artt. 74 e 73 DPR 309/90 tutti commessi con l’aggravante

di cui all’art. 416-bis1 c.p.

Si conferma, anche in regione, il dato nazionale secondo il quale pochissime sono le donne sottoposte al regime di 41 bis O.P. Parimenti alla Riforma Cartabia, il mondo delle carceri si presta a continui interventi e critiche che - alcune volte - mi hanno dato l'impressione che fosse in atto una confusione tra carcere duro (41 bis) e carcere ostativo (4 bis O.P.). Il regime del carcere duro a mio avviso non può subire alcun tipo di modifica e tanto affermo nella consapevolezza che, stante le potenzialità degli appartenenti alle organizzazioni mafiose, questi ultimi mantengono intatta la loro pericolosità, il loro carisma e possono ugualmente riuscire – nonostante il regime cui sono sottoposti - a far pervenire all'esterno segnali o messaggi. L’esame delle missive sottoposte a censura, (a cui procedo quale Procuratore Generale che tratta processi di mafia), che evidenzia spesso contenuti particolarmente fantasiosi, con rappresentazioni di situazioni difficilmente inquadrabili in logiche comuni, rafforza questo mio convincimento e, all'esito, la posta non viene inoltrata. A maggior ragione, il regime carcerario duro resta uno strumento imprescindibile per un efficace contrasto al crimine organizzato mafioso.

Quanto al diverso istituto dell'ergastolo ostativo (4 bis) si tratta – com’è noto - di una barriera che viene posta all' accesso ad alcuni benefici allorquando risultano contestati particolari reati quali associazione di stampo mafioso, terrorismo e associazione finalizzata al traffico di stupefacenti salvo che, in buona sostanza, il condannato non collabori con la giustizia e non dimostri di avere rescisso i legami con la mafia e di aver tenuto una buona condotta. Questa modifica non si applica a chi è stato sottoposto al regime di 41 bis. Il tema è grave nel senso etimologico, ovverosia è tema che ha peso, che è soggetto alla forza di gravità, e la pronuncia della Corte di Cassazione sulla nuova versione dell'ergastolo ostativo con le norme inserite dal governo nel cosiddetto decreto “RAVE” prevista per il 25 gennaio, è stata rinviata al prossimo 8 marzo.

Intercettazioni e abuso d’ufficio

Brevemente osservo che entrambi gli argomenti, anche essi al centro di molteplici interventi mediatici, vanno esaminati partendo da un comune presupposto ovverosia l'opportunità che vengano conservate le rispettive previsioni normative, assolutamente idonee ad evitare ogni abuso, ogni cattivo uso. Mi spiego. La materia delle operazioni di ascolto (che sono anche le ambientali) è stata disciplinata in ogni dettaglio ed i Procuratori della Repubblica hanno lavorato alacremente adottando dettagliati provvedimenti organizzativi che li vedono direttamente responsabili del servizio intercettazioni facente capo al loro ufficio: uno per tutti l'istituzione dell'armadio blindato cui hanno accesso su richiesta solo gli Avvocati della difesa i quali, per giunta, possono ascoltarle ma non estrarne copia. Quanto sopra deve essere inserito nell'affermazione, netta e chiara, che il Pubblico Ministero “non fa l'indagine”, il Pubblico Ministero è Parte pubblica nell'ambito delle indagini preliminari: esiste un Giudice terzo, anche se ha superato il medesimo concorso, questo fuori da ogni politica del sospetto.

Nessun vaso comunicante dunque ed i Pubblici Ministeri rispettano la legge. Quanto all'abuso d'ufficio, riformato nel settembre dell'anno 2020, è forse il reato oggetto di maggiori interventi nella storia del codice penale, tutti in senso riduttivo. Abolirlo significa solo (e chi vi parla è contraria alla visione panpenalistica) togliere dal raggio di azione del Pubblico Ministero, e quindi ai Giudici (che non potranno pronunciarsi sul punto), un delitto che – se contestato con professionalità e prudenza - ha un suo peso specifico nell'ambito di un'efficace azione di contrasto alla “mala pubblica amministrazione” ed, in alcuni casi, anche alle mafie. Pongo alla Vostra attenzione un esempio concreto che riguarda il nostro Distretto: la sentenza AEMILIA, passata in giudicato nel maggio dell'anno 2022, ha visto la condanna definitiva anche proprio del delitto di abuso d'ufficio aggravato dalla finalità di agevolare la 'ndrangheta, contestato ad un cittadino emiliano, imprenditore modenese, il quale concludeva affari con il sodalizio ‘ndranghetistico. Ed è significativo che la modifica normativa in senso restrittivo del delitto di abuso d'ufficio è intervenuta quando la Procura Generale aveva già svolto la propria requisitoria.

Pertanto sono state svolte repliche calibrate all’ intervenuta modifica normativa in senso restrittivo, repliche che sono state ritenute meritevoli dalla Corte d'Appello e dalla Suprema Corte di Cassazione. E finisco questo mio ragionamento su operazioni di ascolto e abuso d'ufficio. Sono partita dall'elemento comune ai due argomenti (uno di natura processuale e l’altro di natura sostanziale) cioè l'idoneità delle rispettive normative, ho fatto seguito attraverso il richiamo alla possibile connessione tra mafia e abuso d'ufficio e termino manifestando il mio fermo dissenso ad ogni possibile modifica normativa che voglia limitare la procedura degli ascolti ai soli reati di mafia e terrorismo. L'esperienza sul campo insegna che molti sono i reati spia che abbisognano di essere captati per una più incisiva azione di indagine e che, se veramente e non ho motivo per dubitarne, si vuole contrastare la mafia, non si possono spuntare le armi ai Pubblici Ministeri ed alla Polizia Giudiziaria, limitando l'utilizzo di uno strumento, perfettamente regolamentato e la cui esecuzione è posta sotto la responsabilità dei Procuratori della Repubblica, ed alla vigilanza e controllo del Procuratore Generale ed alla valutazione del Giudice terzo.

Conclusioni

Quale Vertice della magistratura requirente, presente come Pubblica Accusa in Emilia Romagna da 33 anni, posso affermare che lavoriamo in un Distretto importante perché coincide con un territorio che è il cuore pulsante dell’economia, che rappresenta - per sentire comune - l’impegno, la generosità, l’accoglienza del suo popolo, ma è altresì importante per la qualità delle indagini e dei processi (penso ai reati economici, di mafia, di stragismo) che vedono noi magistrati tutti impegnati a compiere il nostro dovere.

Il mio auspicio è che questo momento solenne e di celebrazione dell'inizio dell'Anno giudiziario sia vissuto anche come un'occasione di comunicazione e di trasparenza, come opportunità di farci comprendere non tanto dai nostri immediati partners ed interlocutori, penso alla Polizia Giudiziaria ed all'Avvocatura, ma soprattutto dalla cittadinanza, nella consapevolezza di fare il nostro dovere, nell'interesse comune e per l'affermazione della giustizia.

Questa mia ultima affermazione mi porta ricordare in questa sede che è in atto l’ostensione della camicia insanguinata che Rosario Livatino, il giudice-ragazzino, ora beato, indossava al tempo dell’attentato mortale che lo attinse. Intorno alla suddetta reliquia si dibattono idee e svolgono convegni prestigiosi. Quella camicia deve essere oggetto di conoscenza e riflessione, anche nella nostra Regione, per le nuove generazioni perché la “lotta alle mafie” non è esclusiva a zone circoscritte d’Italia ed i successi, penso alla recente cattura di un latitante, non sono solo del popolo siciliano, o campano, o calabrese. Sono vittorie dello Stato, della Nazione-Italia.

Ecco: io auguro a Tutti Noi un buon Anno Giudiziario, nel ricordo della camicia insanguinata di Rosario Livatino, come stimolo o anche solo pensiero a svolgere il nostro compito con impegno e generosità. Questo è l’auspicio che sento di poterVi rivolgere a nome di Tutti i Magistrati del Pubblico Ministero del Distretto dell’Emilia Romagna.

Buon Anno Giudiziario a Tutti Noi.