L’infrastruttura informatica e l’Applicazione processo penale “App” rilasciati dal ministero della Giustizia hanno consentito, a partire dal 2024, l’avvio in Italia del processo penale telematico (Ppt). Il sistema è in esercizio dallo scorso 14 gennaio in tutti gli uffici giudiziari nazionali di primo grado che operano in continuità passando, per alcuni atti, ad una gestione in formato nativo digitale, grazie anche ad un aumento graduale delle funzionalità del sistema richieste dagli stessi uffici. Nessun pericolo di blocco delle attività degli uffici giudiziari, nessun fondo Pnrr a rischio legato all’utilizzo del nuovo sistema ministeriale come paventato da qualcuno nei giorni scorsi.

La soluzione informativa rilasciata, pur rispondendo pienamente agli obiettivi fissati dalla milestone M1C1- 38 del Pnrr italiano, che prevedeva, nell’ambito della digitalizzazione del sistema giudiziario, l’obbligo, entro il quarto trimestre del 2023, di introdurre «la digitalizzazione dei procedimenti penali di primo grado ( ad esclusione dell’udienza preliminare)», è stata infatti sviluppata esclusivamente con fondi nazionali in assenza di specifici stanziamenti da parte del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Un risultato reso possibile grazie ad un grande sforzo di tutte le strutture ministeriali, come dimostrato dagli apprezzamenti positivi ricevuti dai rappresentanti della Commissione europea più volte in visita presso il ministero della Giustizia.

A fare il punto sulla transizione dal cartaceo al digitale è l’ingegner Ettore Sala, Capo del Dipartimento per l’Innovazione tecnologica della giustizia. «Ritengo, prima di ogni cosa – dice al Dubbio -, che sia utile inquadrare l’attività di digitalizzazione che si sta facendo nel settore penale. Si tratta di un obbligo normativo previsto dalle riforme Cartabia, ripreso come obiettivo del Pnrr Giustizia e concordato con la Commissione europea.

Gli obiettivi e gli avanzamenti sono stati portati continuamente alla verifica della Commissione europea, che sta monitorando tutto e nelle varie fasi di controllo ha sempre espresso un parere positivo nei confronti della giustizia italiana, tenendo conto degli obblighi e delle scadenze previste dal Piano. Siamo perfettamente allineati rispetto a quanto concordato con l’Europa. Occorre anche ricordare che tutte queste attività sono state sinora sostenute da fondi ordinari con un grosso sforzo da parte del ministero della Giustizia». Un altro tema che sta a cuore dell’ingegner Sala riguarda le funzionalità nell’ambito della digitalizzazione del processo penale con il supporto fondamentale di “App”. «Stiamo gradualmente andando avanti – spiega – con la digitalizzazione, così come è stato fatto per il processo civile telematico negli ultimi 15 anni. È un lavoro che richiede anche alcuni cambiamenti organizzativi, da concordare con gli uffici per tutto ciò che concerne l’uso del telematico. Sulle archiviazioni, per esempio, primo flusso di digitalizzazione richiesto dalla norma, i numeri a nostra disposizione indicano che i depositi sono oggi quasi esclusivamente digitali e con valori vicini a quelli dello scorso anno».

Dal 14 gennaio al 30 giugno scorso in tutti gli uffici giudiziari italiani sono stati depositi con modalità native digitali ben 539mila atti relativi a richieste e decreti di archiviazione. I dati forniti del Dipartimento per l’innovazione tecnologica della giustizia di via Arenula dimostrano il funzionamento di “App”, l’applicazione realizzata dalla Direzione generale per i sistemi informativi

Automatizzati ( Dgsia) del ministero della Giustizia per la digitalizzazione dei provvedimenti penali dei magistrati italiani. Per ottimizzare i flussi e le funzionalità rese disponibili da “App” dall’inizio di quest’anno, il personale Dgsia ha svolto numerose visite negli uffici giudiziari su tutto il territorio nazionale per raccogliere i feedback degli utenti, analizzarli, e definire gli interventi da attuare per il miglioramento e l’evoluzione del sistema.

Inoltre, per quanto riguarda la modalità di gestione dei cosiddetti “ignoti seriali” - i procedimenti contro ignoti - è stata introdotta, espressamente richiesta dagli uffici giudiziari, la possibilità di poter gestire sia singolarmente sia massivamente tali procedimenti firmando digitalmente tutti gli atti con una sola operazione di firma su “App”, riducendo così i tempi di trasmissione tra gli uffici giudiziari. Gli “ignoti seriali” rappresentano una classificazione che replica, nel sistema informatico, le modalità di lavoro in atto negli uffici per agevolare la lavorazione di tali procedimenti. Funzionalità richiesta espressamente dagli uffici giudiziari italiani ed avallata dal gruppo di lavoro ministeriale, al quale partecipano anche i magistrati designati dal Csm. «Il ministero – fanno sapere da via Arenula – pone sempre particolare attenzione e si attiene, quindi, alle indicazioni del gruppo di lavoro con l’obiettivo di soddisfare le esigenze espresse dai magistrati italiani».