Quando Patrick Zaki è stato trascinato via tra le urla di disperazione e le proteste della madre e della fidanzata si è capito che si sarebbe aperto un altro difficile capitolo della persecuzione nei confronti dell'attivista egiziano. Si è delineato quello che il portavoce di Amnesty Italia, Riccardo Noury, ha definito «il peggiore degli scenari possibili»: Zaki è stato condannato a tre anni di carcere.

L'udienza si è tenuta oggi nel tribunale della città egiziana di Mansura, a darne l'annuncio all'opinione pubblica internazionale è stata la più importante dei suoi quattro legali, Hoda Nasrallah. Parlando dal palazzo di giustizia, quando già si era pronunciato il giudice monocratico appartenente a una corte per la sicurezza dello Stato, la legale ha subito fatto sapere che il team di difesa farà ricorso: «Chiederemo al governatore militare di annullare la sentenza o di far rifare il processo come è avvenuto nel caso di Ahmed Samir Santawy», un altro studente egiziano iscritto dal 2019 a un master della Central European University di Vienna che fu arrestato al Cairo il primo febbraio 2021 per gli stessi reati contestati a Zaki.

Il ragazzo, che studia all'università di Bologna, dunque tornerà dietro le sbarre. Fu arrestato il 7 febbraio 2020 quando scese dall'aereo che lo riportava a casa. Ha già passato ventidue mesi di mesi in custodia cautelare in prigione, per poi tornare a piede libero solo nel dicembre 2021. Su di lui le accuse di aver messo a rischio la sicurezza nazionale egiziana attraverso scritti e propaganda in rete. Secondo la giustizia egiziana ciò non equivale all'esercizio del libero pensiero, ma alla diffusione di notizie false, istigazione alla violenza e incitamento alla protesta. Reati assimilabili a crimini di terrorismo.

Il ventitreenne dunque dovrà rimanere in carcere per altri quattordici mesi (calcolando parte della pena già scontata, come ha spiegato Hazem Salah, un altro degli avvocati di Zaki). Un tempo lungo previsto in base alla procedura necessaria per appellarsi proprio al governatore militare affinché, come hanno preannunciato i legali, si arrivi alla decisione di cancellare il verdetto dei giudici o rimettere in piedi un nuovo procedimento giudiziario.

Zaki fu rimesso in libertà grazie a una grande mobilitazione internazionale (“Free Patrick Zaki”) che vide l'Italia con le sue istituzioni accademiche in prima fila. La sentenza dunque ha tutto il sapore di una vendetta che ricorda un’altra ferita nella storia recente delle relazioni con l'Egitto: l'assassinio di Giulio Regeni, nel quale sono coinvolti apparati di sicurezza egiziani che continuano ad essere irraggiungibili per la giustizia italiana.

Che i giudici egiziani avessero maturato propositi non proprio garantisti si era sospettato da qualche tempo. Zaki aveva avvertito della concreta possibilità di un ritorno in carcere e aveva chiesto un intervento all'Italia. Come ha ricordato sempre Amnesty International «dopo la scarcerazione, alla fine del 2021 e la laurea di due settimane fa, in molti avevano pensato che andasse bene così. Hanno celebrato lo Zaki libero e lo Zaki dottore, ma hanno via via perso di vista lo Zaki imputato». L'organizzazione per la difesa dei diritti umani ha chiesto «urgentemente al governo italiano di esprimere pubblicamente la propria indignazione rispetto alla sentenza di condanna».

Il rettore dell'ateneo bolognese Molari si è detto scioccato. Mentre il sindaco della città felsinea ha rivolto un altro appello all'esecutivo guidato da Giorgia Meloni affinché intervenga.