Per il centrodestra o destra-centro, col trattino come preferiscono chiamarlo i fratelli d’Italia - e concede ogni tanto Augusto Minzolini sul Giornale della famiglia Berlusconi, ma solo per irriderlo sottolineandone errori, pasticci e quant’altro - questa poteva essere una legislatura tranquilla, persino monotona per le condizioni in cui si trovano le opposizioni. Che sono divise ancor di più che nella campagna elettorale, col maggiore partito di quelle parti - il Pd - a rischio di dissoluzione. Altro che la rifondazione, rigenerazione e simili affidata ad un congresso lento come una lumaca dal segretario Enrico Letta, indisponibile a ricandidarsi alla guida di quello che lui chiama ottimisticamente un «nuovo partito».

Eppure il centrodestra o, ripeto, il destra- centro già cammina a vista, in una unità di intenti e di azione solo apparente, in realtà con quello che il Corriere della sera ha definito non a torto «il controcanto di Forza Italia». Un controcanto continuo non destinato a una crisi, per carità, non disponendo Berlusconi di alcuna sponda a sinistra: non nel Pd ridotto nelle condizioni già accennate, non nel partito ormai di Giuseppe Conte, che è ancora più a sinistra del Pd, né nel cosiddetto terzo polo, troppo piccolo perché qualcuno possa pensare di costruire con esso una maggioranza alternativa a quella uscita dalle urne del 25 settembre.

Ma tanto più Berlusconi diventa prigioniero dell’ultima edizione di quello che si ostina a chiamare ancora centrodestra, quanto più si dimena e tende a prendere le distanze dagli alleati. La cui mancata compattezza nel percorso parlamentare dei provvedimenti del governo, adottati sinora soprattutto con lo strumento eccezionale del decreto legge, potrebbe riservare chissà quali e quante sorprese. Le opposizioni, pur malmesse, non si lasceranno certamente scappare le occasioni per dimostrare la possibilità di incidere. Peggiore di una crisi è per un governo la condanna a galleggiare sulle proprie divisioni, a prendere decisioni destinate a non uscire indenni dai passaggi parlamentari.

Forza Italia, considerabile l’anello debole della maggioranza, la componente più in sofferenza, ha potuto contare nella scorsa legislatura su un rapporto privilegiato con la Lega di Matteo Salvini - tanto privilegiato da perdere per strada pezzi significativi come tutti i ministri che la rappresentavano nel governo Draghi - per cercare di contenere la progressiva, implacabile avanzata di Giorgia Meloni verso l’obiettivo di Palazzo Chigi. Che aveva spesso indotto Berlusconi a parlarne più ridendo, o sorridendo nel migliore dei casi, che credendoci. Ora che Giorgia Meloni è davvero in quel palazzo Berlusconi - e il suo cerchio più o meno magico, a cominciare da Licia Ronzulli, cresciuta proprio per i collegamenti con la Lega - si trova di fronte a un rapporto privilegiato tra la stessa Meloni e Salvini. Che temo il Cavaliere non avesse proprio messo nel conto: una sorpresa peggiore di una sconfitta.