Di anno in anno Osman Kavala rimane in carcere. Nonostante le pressioni internazionali infatti il filantropo turco non vedrà aprirsi le porte della prigione nella quale è rinchiuso dal 2017, lo ha deciso ieri per l'ennesima volta un tribunale di Istanbul che in questo modo trasgredisce anche la sentenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo (Cedu) che già aveva indicato il 2 febbraio come data del rilascio definitivo. Kavala è stato arrestato nell'ottobre di cinque anni fa accusato di essere l'ispiratore nonché il finanziatore di quella che è ricordata come la rivolta di Gezi park. Il movimento nacque nel 2013 nella capitale turca per poi estendersi a tutto il paese, fu l'ultimo sussulto democratico, represso duramente e nel sangue, contro il regime di Erdogan che da allora ha regnato incontrastato sulla Turchia. Nel 2020 Kavala è stato assolto da quelle accuse ma la sentenza è stata ribaltata l'anno seguente. Il caso è divenuto dunque un mostro giuridico in quanto i fatti di Gezi park sono stati associati al tentativo di colpo di stato, poi fallito, contro Erdogan nel 2016. Il capo di accusa: voler sovvertire l'ordine costituzionale. Il filantropo è così finito sotto processo insieme ad altre 51 persone, molte delle quali rilasciate, che hanno affrontato il giudizio per tre casi separati ma inseriti in uno stesso procedimento giudiziario. Quindi nonostante l'assoluzione Kavala è rimasto lo stesso in carcere ma con l'accusa di spionaggio, una decisione che sembra essere stata costruita proprio per aggirare la sentenza della Cedu. All'inizio di questo mese, il Consiglio d'Europa ha reso noto che il suo comitato ha deferito il caso di Kavala proprio alla Corte europea dei diritti dell'uomo per determinare se la Turchia non avesse rispettato il suo obbligo di attuare la precedente sentenza di assoluzione il che comporta il rilascio immediato. Pressioni che con tutta evidenza non hanno scalfito le decisioni della magistratura turca la quale è diretta espressione del potere politico, il presidente Erdogan infatti ha fatto del caso Kavala un'arma contro le istituzioni europee dichiarando che la Turchia non rispetterà il Consiglio d'Europa se quest'ultima continuerà a tenere sotto esame i tribunali turchi. I rapporti tra la Turchia e la Corte di Strasburgo sono tesissimi da tempo, prova ne è la minaccia dell'ottobre scorso quando le autorità di Ankara hanno paventato l'espulsione degli ambasciatori di 10 paesi, tra cui Stati Uniti, Germania e Francia, i quali si erano espressi proprio in merito alla detenzione di Kavala. Uno scontro che si è riverberato anche sul piano economico quando la lira turca è precipitata ai minimi storici per poi riprendersi solo alla fine del 2021. Lo scorso gennaio sempre la Cedu ha condannato la Turchia per l'arresto e la carcerazione del giornalista Deniz Yücel, il corrispondente per il quotidiano tedesco Die Welt imprigionato nel 2017 e nel 2018 per poi essere espulso e far ritorno in Germania. La sua colpa fu quella di aver coperto, in maniera non gradita al regime, le informazioni del golpe del 2016.Nel maggio 2019, la Corte costituzionale turca stabilì che il corrispondente turco-tedesco aveva subito una violazione del suo diritto alla libertà e alla sicurezza. Nel 2020 però è arrivata un'altra doccia fredda, un tribunale di Istanbul infatti ha condannato Yücel in contumacia a due anni, nove mesi e 22 giorni di carcere per "propaganda terroristica". Come nel caso Kavala infatti venne introdotto un altro reato, per i giudici infatti il corrispondente si era avvicinato al Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), considerato un gruppo "terrorista" da Ankara ma anche dai suoi alleati occidentali. Fu un processo a dir poco pretestuoso che scatenò tensioni diplomatiche tra Turchia e Germania.Troppi dunque i precedenti nel corso degli anni per non far agire seppure lentamente la Cedu. Per l'organo giudiziario del Consiglio d'Europa "infliggere una misura che comporti una privazione della libertà (...) produce inevitabilmente un effetto deterrente sulla libertà di espressione intimidendo la società civile e mettendo a tacere le voci dissenzienti".