PHOTO
Il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, ha promesso di rispondere «con grande forza» al lancio di razzi da Gaza contro Gerusalemme. «Non tollereremo attacchi al nostro territorio, alla nostra capitale, ai nostri cittadini e ai nostri soldati», ha ammonito Netanyahu, come riportano i media israeliani. «Chi ci attacca pagherà un duro prezzo», ha aggiunto, spiegando comunque che Israele non cerca un’escalation di ostilità. Il premier ha ripetuto quanto già annunciato dalle forze armate, il cui portavoce ha avvertito che i raid lanciati da Israele contro obiettivi di Hamas nella Striscia di Gaza dureranno alcuni giorni e che «tutte le opzioni sono sul tavolo» compresa un’operazione di terra. L’esercito israeliano ha intanto confermato che sta bombardando obiettivi di Hamas nella Striscia di Gaza e di aver ucciso quelli che definisce «tre terroristi» di Hamas. Dal canto suo, l’organizzazione palestinese che controlla la Striscia - ritenuta terrorista in molti Paesi - ha confermato che nei bombardamenti è stato ucciso un suo comandante. Poco prima, il ministero della Salute di Hamas aveva riportato l’uccisione di nove persone, di cui tre bambini. I bombardamenti delle forze armate d’Israele sono scattati dopo il lancio di sette razzi da Gaza verso la zona di Gerusalemme. L’esercito ha definito la mossa di Hamas come «un grave attacco ad Israele» e ha promesso una rappresaglia. Il braccio militare di Hamas, il movimento islamista palestinese che controlla la Striscia di Gaza, ha rivendicato il lancio di razzi contro l’area di Gerusalemme. In una nota citata dal ’Times of Israel’, le Brigate Ezzedin al-Qassam hanno dichiarato che si è trattato di una risposta ai «crimini e all’aggressione» contro la moschea di Al-Aqsa ed i palestinesi di Sheikh Jarrah da parte di Israele. «Questo è un messaggio che il nemico dovrebbe ben comprendere», ha affermato un portavoce delle Brigate. La Knesset, il Parlamento israeliano, è stata evacuata mentre era riunita in seduta plenaria non appena a Gerusalemme hanno suonato le sirene d’allarme. Evacuato per motivi di sicurezza anche il tribunale distrettuale di Gerusalemme, a seguito dei disordini nella zona della vicina Città Vecchia. Solo le guardie sono rimaste all’interno del tribunale mentre tutti gli altri sono stati mandati via. All’inizio della giornata, nel tribunale si era tenuta una udienza del processo per corruzione che vede imputato il primo ministro Benjamin Netanyahu. Circa un’ora dopo la fine dell’udienza si è proceduto alla evacuazione. Netanyahu comunque non era in tribunale. La sede del tribunale si trova in a Salah a-Din a Gerusalemme Est, a breve distanza dalla Porta di Damasco, un punto critico negli scontri tra palestinesi e polizia dall’inizio del Ramadan il mese scorso. Nel pomeriggio sono state evacuati uffici e sedi governative, come il Parlamento e diverse rappresentanze diplomatiche straniere, dopo le minacce di Hamas a cui poi il gruppo che regge Gaza ha fatto seguire un nutrito lancio di razzi che ha raggiunto anche le vicinanze di Gerusalemme. I tumulti più gravi verificatisi a Gerusalemme est dal 2017 coincidono con una crisi politica senza precedenti che ha visto gli israeliani recarsi alle urne per quattro volte in due anni senza formare un governo stabile. Dopo il voto del 2 marzo, che era stato il terzo in undici mesi, l’emergenza Covid-19 era riuscita a costringere il premier uscente, Benjamin Netanyahu, e l’ex capo di stato maggiore, Benny Gantz di Blu e Bianco, a una difficile coabitazione, poi interrotta da dissidi sulla legge di bilancio. Nemmeno dalle elezioni parlamentari del 23 maggio 2021 è uscita però una maggioranza chiara. Netanyahu, che sperava di ottenere un robusto riconoscimento per la rapida campagna vaccinale, ha rinunciato lo scorso 5 maggio, dopo un mese, all’incarico di formare un esecutivo. Il presidente Reuven Rivlin ha quindi assegnato l’incarico a Yair Lapid, capo del nuovo partito centrista Yesh Atid, piazzatosi a sorpresa secondo dopo il Likud del primo ministro uscente. Se dopo 28 giorni nemmeno Lapid sarà riuscito a costruire una maggioranza, gli israeliani potrebbero essere costretti a tornare al voto una quinta volta.