Riportiamo di seguito la traduzione dell'intervista di William Audureau alla saggista belga Marie Peltier, pubblicata dal quotidiano francese Le Monde. Fake news, foto manipolate, teorie del complotto… dall’inizio della guerra in Ucraina, una miriade di informazioni false circola sui social media. E se è vero che queste provengono tanto dall’Ucraina quanto dalla Russia, Mosca si è distinta da subito per la manipolazione sistematica e ben strutturata dell’opinione pubblica: come dimostra un’inchiesta de Le Monde, un esercito di "mani anonime" continua a disseminare dubbi sulla situazione in Ucraina attraverso i social media, anche in Francia, e trova appoggio tra cospirazionisti e politici. Una strategia che non è certo una sorpresa per la docente di storia e saggista belga Marie Peltier, che analizza gli effetti della disinformazione russa sulle società occidentali fin dalla guerra civile in Siria. Secondo l’autrice di “Ossessione”, dietro le quinte del racconto complottista, la strategia russa di avvelenare il dibattito pubblico assume forme insidiose già dalla pandemia, ed è ancora in moto.

Il livello di disinformazione russa sulla guerra in Ucraina attraverso i social la sorprende?

Per nulla. Non sono convinta che ce ne sia più che durante la pandemia: il livello di disinformazione russa all’interno della nostra società è molto alto da ormai cinque anni. Ora ci sono interessi militari, e la propaganda è ancora più attiva, ma la proporzione mi sembra simile. Ci si immagina che ora ci sia maggiore disinformazione, ma in realtà ne siamo soltanto più consapevoli. La narrazione è simile a quella che abbiamo visto per la Siria: le reti del Cremlino instillano dubbi su ciò che avviene davvero sul terreno di guerra, e ricorrono a postulati cospirazionisti: «i media vi mentono»; «i politici vi manipolano», e così via. Questi elementi complottisti erano già adoperati nel 2016 quando è caduta Aleppo. D’altronde, ci si concentra sul Cremlino, ma questo tipo di disinformazione è il marchio di diversi regimi dittatoriali. Dal 2003 con la guerra in Iraq, si minano le democrazie occidentali attraverso questo genere di propaganda.  Ciò che è cambiato, è che in Siria la Russia utilizzava la retorica del “civilizzare” presentandosi come l’ultimo baluardo contro l’islamizzazione, ma ora non potrebbe funzionare con l’Ucraina. Così questo tipo di racconto si è trasformato in lotta contro il nazismo: ma la logica è la stessa.

Come nasce il legale tra no vax e filorussi?

La retorica antivaccino è figlia della semantica putiniana, nel senso che fa uso della retorica antisistema per attecchire. Ecco il legame. Il discorso putiniano è presentato come critica alla deriva democratica. Non sono i movimenti no vax a spingere il putinismo, ma il contrario. Bisogna ricordare infatti che in Russia Putin non è stato antivaccinista. Le persone si sono politicizzate con la pandemia. Allora non c’era ancora un impegno politico strutturato, queste persone lo hanno perfezionato approfittando dell’isolamento e della frequentazione del web, e ora possono mettere questa esperienza che hanno acquisito al servizio di Putin. Il Covid, in questo, si è rivelato un laboratorio utile per posizionarsi, immettere la politica, e inculcare il pensiero antisistema. Che ormai è radicato. Probabilmente prima non avremmo avuto questo livello di militanza.

Il divieto nei confronti di alcune emittenti di Stato russe, come Rt e Sputnik, potrebbe limitare questa deriva?

Censurare questi siti è un’ottima cosa, era necessario condannare questo tipo di propaganda. Ma abbiamo reagito troppo tardi, perché ormai è ben impiantata. E le star di RT, come Alexis Poulin, sono già state reclutate altrove. Non bisogna credere infatti che Rt avesse il monopolio sulla propaganda del Cremlino. Abbiamo minimizzato il problema per anni, anche tra i media tradizionali, con la moltiplicazione, fin dalla guerra civile in Siria, delle posizioni filo e contro Assad, come se si trattasse di due opzioni democratiche. Il verme è già nelle profondità del frutto.

Che forme prende oggi la propaganda filorussa?

Assomiglia a quella che alcuni chiamano propaganda dolce: «Non sono filo Putin, ma..». Non si dice di stare con la Russia, ma si accusa l’Occidente di usare «due pesi e due misure», e di mostrare un’attenzione mediatica e umanitaria per l’Ucraina sproporzionata rispetto ad altri conflitti, come nello Yemen. E’ la critica dell’ossessione selettiva. Nessuno si dice pro Assad, nessuno si dice Pro Putin, ma vi si accusa di non parlare di tutte le vittime, come se le nostre battaglie fossero incoerenti. Più che disinformazione la definirei “desensibilizzate”, cioè una propaganda che mira a farci distogliere lo sguardo dai crimini di Putin, in modo da sdoganarli. E’ l’arma del discredito, la grande vittoria del Cremlino.