Ricorrevano martedì i 40 anni dalla morte di Ugo La Malfa ed Eugenio Scalfari l’ha ricordato con un bell’articolo su La Repubblica. Nel quale ha, giustamente, scritto che il leader repubblicano fu uno dei maggiori personaggi della politica italiana e della democrazia liberale.

Ho conosciuto bene La Malfa e con lui ho avuto momenti di convergenza politica e di cordiali rapporti personali e anche di polemiche che, in certi momenti, furono aspre, ma sempre riconoscendo la sua autorevolezza politica ed il suo personale rigore morale. Un rigore che fu mortificato, questa la ragione delle mie polemiche, dai comportamenti dell’esponente repubblicano siciliano, Aristide Gunnella, poi ministro, che cooptò nel suo sistema elettorale il capomafia Di Cristina il quale aprì una sezione del Pri nel Comune di Riesi (Caltanissetta) raccogliendo molti voti, e che fu capo elettore dell’esponente siciliano. Il Di Cristina fu poi assassinato in una guerra di mafia.

Non sto qui a raccontare questa storia ma voglio ricordare che, dopo la morte di La Malfa, un magistrato lo chiamò in causa nelle indagini di Gunnella ed io ne difesi la memoria subendo anche una querela del magistrato e che dopo tanti anni ho vinto in Cassazione. Ugo La Malfa, parlamentare e più volte ministro, ha contribuito ad indicare e affrontare i problemi dello sviluppo economico che si ponevano dopo la Liberazione e negli anni successivi e a realizzare quelle politiche che riteneva necessarie.

La Malfa sviluppò quelle politiche e promosse grandi dibattiti nel Paese su temi che sono ancora oggi attuali. È bene ricordare che, prima di lui e con lui a guidare il ministero per lo Sviluppo economico furono grandi economisti che si chiamavano Pesenti, comunista, e anche il democristiano Vanoni il quale attuò riforme fondamentali. Oggi ministro dello Sviluppo è Luigi Di Maio. È questo salto abissale che connota la società in cui oggi viviamo. La crisi della politica nel nostro Paese è espressa da un personale politico che ne mortifica la storia e lo declassa in Europa e nel mondo.

Anche su questo fronte vorrei richiamare l’attenzione del segretario del Pd, Nicola Zingaretti. Oggi il suo partito dovrebbe riallacciare un rapporto politico con la cultura liberal democratica e della sinistra. L’ultimo ministro che nel centrosinistra aveva un notevole spessore politico culturale fu Padoa Schioppa, prematuramente scomparso. Ha ragione Ezio Mauro il quale nel suo commento di oggi su La Repubblica scrive che “il Pd ha il compito di salvaguardare i valori liberal democratici oggi in pericolo”. Un regime liberal democratico è tale se nella dialettica politica e sociale che esprime c’è anche una sinistra che compete per i suoi valori ed i suoi obiettivi sociali garantendo a tutti libertà di pensiero e di azione. Ed è ciò che aveva attuato La Malfa nella sua lunga vicenda politica: basta ripensare ai suoi confronti e dialoghi con Giorgio Amendola e Pietro Ingrao. La domanda quindi oggi si pone: il Pd è in grado di allacciare un rapporto virtuoso con la cultura liberal democratica e di sinistra? È questa la scommessa su cui si gioca non solo l’avvenire del Pd e di tutta la sinistra ma della democrazia italiana.