La Corte suprema degli Stati Uniti da ragione a Donald Trump e alle sue politiche restrittive nei confronti dei migranti provenienti dal centro America. Viene così ribaltata la decisione della Corte d'Appello di San Francisco che aveva posto uno stop ai progetti della Casa Bianca.

In questo nuovo quadro normativo le persone che fuggono da situazioni di povertà e contesti di violenza non potranno chiedere asilo negli Stati Uniti se si ritiene che, durante il loro viaggio, abbiano attraversato altri paesi terzi considerati “sicuri” e dove avrebbero potuto fare domanda di accoglienza.

Si mostrano dunque i primi effetti scaturiti dalla composizione della Corte suprema ormai dominata quasi completamente da giudici di orientamento conservatore. I liberal, su 9 componenti della Corte stessa, sono solo due, Ruth Bader e Sonia Sotomayor che sono state anche le uniche a dissentire con la sentenza pro Trump.

Più in dettaglio, la controversia legale verte sull'obbligo per i migranti di richiedere l'asilo nel paese attraversato prima di arrivare negli Usa, e solo dopo un eventuale diniego esiste la possibilità di compiere lo stesso iter in territorio statunitense.

Da ciò sono però esentati coloro che provengono dal Messico o giunti per via aerea. Inoltre le persone che dimostreranno di essere perseguitate nei paesi di origine non saranno deportate, ma non godranno di nessuna protezione derivante dal loro status di rifugiato.

Fino ad ora dai paesi centroamericani è arrivata la stragrande maggioranza di coloro che chiedono asilo. Quest'anno, circa 811mila persone sono state fermate e internate al confine sud, di queste, quasi 590mila provenivano da El Salvador, Guatemala e Honduras .

Ma la nuova norma interesserà anche un numero minore di migranti africani, asiatici e sudamericani che spesso intraprendono viaggi lunghissimi e pericolosi. La reazione alla sentenza è portata avanti soprattutto dall'American Civil Liberties Union, che sostiene inammissibili le limitazioni al diritto di asilo.

Per l'avvocato Lee Geleren «l'attuale divieto eliminerebbe praticamente tutto l'asilo al confine meridionale, anche nei porti di entrata» anche se il provvedimento potrebbe essere considerato come un passo temporaneo da cambiare perchè «sono in gioco le vite di migliaia di famiglie».

Non sono mancate critiche neanche da parte dei giudici contrari alla legge che siedono al tavolo della Corte Suprema, la Sotomayor ha dichiarato infatti che «ancora una volta il potere esecutivo ha fatto una legge che cerca di sovvertire una prassi di lunga data per i rifugiati che cercano di fuggire dalle persecuzioni».

Fino adesso infatti esisteva una vecchia consuetudine secondo cui gli Stati Uniti ascoltano tutte le richieste di asilo, indipendentemente da come siano arrivate le persone al confine. Esistono però forti dubbi che Messico e Guatemala possano far fronte ad un aumento dell’afflusso di profughi, i funzionari di Città del Messico hanno già mostrato tutta la loro contrarietà alla decisione statunitense.

All'inizio della settimana, il ministro degli Esteri messicano Marcelo Ebrard ha ribadito che la sua nazione non sarebbe diventata un paese terzo per i richiedenti asilo, così come diverse capitali centro americane hanno rifiutato di sottoscrivere accordi di questa natura con gli Stati Uniti