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La Russia di Vladimir Putin assomiglia sempre di più all'Unione Sovietica di Josef Stalin nella sistematica la repressione delle voci critiche del regime. Lo stesso pensiero espresso da uno dei più noti romanzieri del paese, Boris Akunin, nome d'arte di Grigory Chkhartishvili.
La sua casuale provenienza dalla Georgia come Stalin però non gli ha consentito di non essere condannato all'arresto da parte della giustizia russa. L'accusa e quella di sostenere il terrorismo.
Akunin risiede in Gran Bretagna ma il tribunale distrettuale Basmanny di Mosca ha ordinato ieri che deve essere imprigionato se metterà piede sul suolo russo. Akunin è stato messo nei guai da uno scherzo telefonico, uno dei numerosi compiuti dai comici Vovan e Lexus, che si spacciarono per funzionari ucraini nello scorso dicembre, uno dei due finse addirittura di essere il presidente Volodymyr Zelenskyy.
Akunin non andò per il sottile criticando l’invasione dell’Ucraina; ciò gli valse l'apertura di un procedimento penale per «aver screditato l'esercito», in particolare per aver «giustificato il terrorismo» e diffuso «notizie false» sui militari. L'accusa è stata resa possibile grazie alla legge emanata all'indomani del febbraio 2022 che colpisce chiunque esprima pareri e opinioni ritenute denigratorie dell'esercito. Da allora molte figure di spicco della cultura sono fuggite dal paese.
A meno di un mese dall’invasione, la Duma approvò una norma che riguarda la responsabilità amministrativa e penale a carico di chi è giudicato colpevole di diffusione proprio di notizie considerate fake news riguardo il comportamento delle forze armate. In questa maniera tutte le opinioni contro la guerra potrebbero essere considerate lesive come naturalmente accade. A cominciare dalle pene che variano da sanzioni pecuniarie comprese tra i 30 e i 60 mila rubli ( 300 e 600 euro).
Concretamente le fattispecie di questo reato sono innumerevoli con sanzioni fino a 50 mila euro oppure la reclusione fino a dieci anni. Nel caso di reiterazione della violazione le conseguenze possono essere ancora più gravi e arrivare a condanne a quindici anni di galera. E ciò è successo ad Akunin la cui contrapposizione con l'establishment di Mosca dura da tempo, il giorno in cui Putin ha inviato truppe russe in Ucraina, lo scrittore aveva definito il leader russo un «dittatore psicologicamente squilibrato». Dall'estero aveva potuto diffondere giudizi sprezzanti dichiarando che anche prima dell'invasione, Putin aveva «ucciso molto metodicamente tutti i rami della democrazia» in Russia: «Vediamo a cosa ci ha portato alla fine: la Russia, l'Ucraina e ora il mondo intero sta seriamente discutendo la possibilità di una guerra nucleare nel 21° secolo. Questo è tutto opera di Putin».
La sua casa editrice, AST, che ha pubblicato diversi best seller di Akunin, ha annunciato la scorsa settimana che non avrebbe più stampato o venduto opere del romanziere, accumunandolo nella stessa decisione, a Dmitry Bykov, un altro autore critico della guerra in Ucraina. Quest ultimo, ugualmente vittima dello scherzo telefonico dei due comici (pesantemente sospettati di essere eterodiretti dal Cremlino e utilizzati per una sorta di caccia ai dissidenti) aveva affermato che, sebbene fosse rattristato dall'uccisione di soldati russi nel conflitto, questo non era qualcosa di cui incolpava i funzionari ucraini.
Il mondo culturale russo, a parte alcune eccezioni, sembra schierato sul fronte pacifista non nascondendo che considera il proprio paese come una minaccia globale e comprendendo le azioni militari ucraine inclusi gli attacchi con droni sulle città russe.