La crisi dei missili sulla Polonia come quella di Cuba del 1962? Non sappiamo se anche stavolta il mondo ha rischiato l’escalation nucleare, ma di certo qualcuno ha lavorato perché ciò non accadesse. Il pompiere si chiama Joe Biden, il presidente più votato nella storia degli Stati Uniti. Ma anche il più underated, sottovalutato e irriso non solo dall’opposizione trumpiana che giustamente fa il suo sporco lavoro, ma anche dai media progressisti che in questi due anni di mandato hanno fatto a gara per sottolinearne la mancanza di carisma, le continue gaffes, la vena letargica da nonno di campagna un po’ rimbambito. Proprio come The Donald che durante i duelli elettorali del 2020 lo apostrofò «sleepy Joe», nomignolo di rara perfidia subito entrato nel lessico giornalistico planetario. Ma nella pazzesca notte tra martedì e mercoledì Biden è stato tutt’altro che sleepy, al contrario ha saputo gestire con equilibrio tutti i passaggi della crisi, disinnescando il domino che poteva portare a un entrata in guerra della Nato. La notizia dei missili “russi” che avevano colpito il territorio polacco era peraltro trapelata dalla stessa intelligence statunitense che evidentemente gioca una partita parallela fornendo informazioni tanto gravide di conseguenze quanto prive di fondamenta. A Varsavia il presidente Andrzey Duda aveva convocato addirittura il Consiglio di guerra seminando il panico tra i polacchi e non solo. Da Bali, dove si trovava per il vertice G20, Biden dava mandato imperativo al Segretario di Stato Blinken di calmare ad ogni le furie polacche e gli ardori dell’ucraino Zelensky che aveva subito invocato l’intervento militare della Nato. Fino alla conclusione, accettata da tutti, che il missile caduto in Polonia era dell’esercito ucraino e non di Mosca. Un lieto fine che ha fatto tirare a tutti il classico respiro di sollievo. Gli stessi russi si sono complimentati per una volta con gli antagonisti americani e con la loro moderazione. Le malelingue insinuano che potrebbe essere una bugia anche questa, un rospo che Washington avrebbe ingoiato per non andare allo scontro diretto con la Russia, il che renderebbe ancora più onore a Biden e alla sua amministrazione che avrebbero mentito al mondo per salvare la pace. Ma la versione più plausibile è quella dell’errore di valutazione, dello zelo dei servizi di intelligence e della scarsa lucidità dei governi dell’est Europa confinanti con la Russia che vivono in uno stato permanente di assedio psicologico. Perché la fibra dello statista la puoi misurare solo nei momenti di massimo stress, quando le crisi precipitano e bisogna prendere decisioni sagge e veloci, proprio come è accaduto l’altra notte. Eppure quando nove mesi fa le armate di Vladimir Putin hanno invaso l’Ucraina dando il via alla guerra, gli Usa hanno commesso diversi errori. A cominciare Biden, che aveva definito con scarso senso della diplomazia «un animale» il capo del Cremlino, occupando la casella del falco atlantista desideroso di regolare i conti una volta per tutte con la Russia. Ma nonostante i miliardi di dollari di aiuti militari stanziati dal Congresso l’Ucraina non è mai stato un proxy di Washington per alimentare il conflitto per procura e Biden non ha mai pensato un secondo di entrare in guerra frontale con Mosca. E nel corso dei mesi ha imparato a gestire la faccenda con oculatezza, bacchettando più volte il presidente ucraino Zelensky e gli alleati più bellicosi pur non facendo mai mancare il prezioso supporto a Kiev. L’ultima volta che ha parlato di Vladimir Putin i toni erano poi del tutto diversi, da «animale» il presidente russo è infatti diventato un «politico pragmatico che ha sbagliato i suoi calcoli». Insomma, Putin la guerra in Ucraina la sta perdendo da solo, e non c’è bisogno di forzare la mano ma basta aspettare che si logori a suon di sconfitte sul campo. Sul fronte interno poi, le recenti elezioni di midterm sono state un grande successo per il partito democratico che ha fermato l’ondata repubblicana (in particolare i candidati vicini a Trump) confermando la maggioranza al senato, evento rarissimo per un presidente in carica. E ha saputo prendere decisioni coraggiose, come la legge che limita il possesso delle armi da fuoco più restrittiva di sempre, le critiche alla Corte suprema a favore del diritto di aborto o il progetto di legge federale per legalizzare le droghe leggere in tutto il territorio. Certo, dopo un decennio di crescita ininterrotta, il più florido della storia Usa, l’economia dà segni di fatica, specie l’inflazione in rapida salita come i tassi d’interesse della Fed, ma è un fenomeno che riguarda tutto l’Occidente avvilito dalla combo mostruosa pandemia più guerra.