C'è una guerra che prosegue sanguinosa lontana dai riflettori internazionali. È il conflitto civile in Yemen che non dà segno di calare di intensità. Da tempo il Paese è diviso fra regioni legate agli sciiti delle tribù Houthi, in qualche modo eredi dell'antico imamato del nord, e altre fedeli al governo sunnita che dopo l'insurrezione armata ha perso il controllo della capitala Sanaa. Se non bastasse, sullo scacchiere sono attive cellule di al Qaeda e dell'Isis, che seguono una loro agenda.I ribelli, cacciati dal sud del paese l'anno scorso, controllano ancora parte della capitale, ampie zone del nord e dell'ovest dello Yemen. Il conflitto, secondo cifre dell'Onu, ha provocato 6.700 morti, in maggioranza civili. Ma soprattutto sono fortissime le implicazioni internazionali. Non è un segreto che in Yemen si è combattuta una guerra per procura fra Arabia Saudita e Iran. Teheran ha sostenuto i ribelli sciiti, in modo abbastanza evidente.Ma più esplicito ancora è stato l'intervento dell'Arabia Saudita, che nel marzo del 2015 ha creato e guidato una coalizione internazionale sunnita formata da altri otto paesi arabi a sostegno del governo deposto e contro l'avanzata dei ribelli Houthi e dei loro alleati. Un vero intervento armato che prosegue ormai da un anno e mezzo e che ha consentito la riconquista di Aden ma senza andare molto oltre. Continuano però i raid aerei ed è stato proprio uno di questi a riaccendere l'attenzione sul conflitto yemenita. Sabato scorso infatti un attacco aereo ha centrato a Sanaa un corteo funebre provocando una strage: il bilancio parla di 144 morti e di oltre 500 feriti. Alla cerimonia erano presenti 2 mila persone, per partecipare ai funerali di Ali bin Al-Ruwaishan, padre del ministro dell'Interno del governo dei ribelli Houthi, Jalal al Ruwaishan. Tra gli esponenti di spicco dei ribelli sciiti yemeniti che hanno perso la vita in questo attacco c'è il sindaco di Sanaa, Abdel Qader Hilal. L'attacco è stato appunto attribuito alla coalizione a guida saudita anche se Riad ha negato ogni coinvolgimento. Migliaia di cittadini yemeniti hanno protestato davanti al quartier generale delle Nazioni Unite a Sanaa chiedendo l'apertura di un'indagine internazionale. Il bombardamento è stato condannato con forza dall'Onu, dall'Unione europea, dagli Stati Uniti e dalla Federazione internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna rossa secondo cui tra le vittime vi sarebbe anche un operatore umanitario. L'Iran si è detto subito pronto ad entrare in azione per trasferire nel proprio territorio i feriti yemeniti. Teheran ha anche chiesto l'istituzione immediata di un corridoio umanitario. Non si è fatta attendere la risposta saudita: inviati consistenti rinforzi militari al confine, mentre però la coalizione militare a sua guida si è detta pronta a indagare su quanto accaduto. Ma potrebbe non bastare. Il portavoce dell'imam Abdel Malik al Houthi ha già promesso vendetta contro l'Arabia Saudita. L'ex presidente yemenita, Ali Abdallah Saleh, sostenuto dagli sciiti, ha lanciato un appello alla mobilitazione generale lungo la frontiera saudita (con cui invece in passato era alleato contro i ribelli sciiti) per "vendicare" le vittime dell'attacco aereo. Saleh, che quattro anni fa ha lasciato il potere su pressione della piazza, ha anche fatto un appello al Consiglio di Sicurezza «affinché prenda decisioni per mettere fine alla barbara aggressione dei sauditi e dei loro alleati». Persino Washington, stretta alleata di Riad ma che sta passando una fase turbolenta in questi rapporti (si veda la possibilità di fare cause a Riad da parte delle vittime dell'11 settembre) ha fatto sapere di voler riconsiderare il proprio sostegno «già ridotto» alla coalizione.