Un dossier che insegue Graziano Delrio da almeno quattro anni. Da quando ha dovuto rendere conto del suo legame con Cutro, in Calabria, da dove vengono molti degli immigrati che risiedono nella sua Reggio Emilia. Sarebbero proprio questi i rapporti al centro del documento tirato in ballo da Gianluca Gemelli, che ne ha parlato nel corso di una telefonata intercettata dagli inquirenti di Potenza. Un documento redatto dai carabinieri che, secondo lo stesso Gemelli, avrebbe potuto inguaiare il ministro alle Infrastrutture. «I carabinieri – sostiene Gemelli - sono venuti a portarmi in ufficio un regalo. Usciranno le foto di Delrio a Cutro con i mafiosi». E Delrio, in effetti, a Cutro ci è andato davvero. Ma di mafiosi in sua compagnia non se n’è mai parlato. Né lui è mai finito sul registro degli indagati. La vicenda risale al 2009, quando era sindaco di Reggio Emilia e in fascia tricolore aveva preso parte alla festa del Santissimo Crocifisso. Ci era andato perché le due città sono gemellate. In quel verbale, diventato importante solo dopo l’ingresso di Delrio nel governo, l’ex sindaco spiega la sua presenza in Calabria. Quella del Crocefisso, racconta, «è una festa molto importante». Ma per i magistrati, il viaggio nel paese che ha dato i natali al boss Nicolino Grande Aracri ha necessariamente un retrogusto particolare. Ed è proprio di lui che chiedono a Delrio. «So che esiste Grande Aracri, Nicola… non lo avevo realizzato», sottolinea dunque il ministro.Ma non solo: tra le colpe dell’allora sindaco, quella di aver accompagnato dal Prefetto tre consiglieri comunali cutresi per discutere della raffica di interdittive antimafia notificate a diverse imprese edili intestate a calabresi. Le “simpatie” di Delrio per i calabresi avevano spinto il M5S a chiederne le dimissioni dal governo, tornando puntualmente in auge ad ogni scandalo politico. Ma ora Delrio vuole capire se ci sono «pezzi dello Stato che lavorano contro altri pezzi dello Stato».