Il premier francese Manuel Valls si è schierato contro il burkini, sostenendo i sindaci che negli ultimi giorni hanno emesso ordinanze in cui si vieta di portare il costume femminile islamico in spiaggia. La questione ha scatenato polemiche e in un villaggio della Corsica si è arrivati a scontri fra nazionalisti corsi e turisti maghrebini. "Capisco i sindaci che, in questo momento di tensione, tentano di cercare soluzioni ed evitare problemi all'ordine pubblico", ha sostenuto Valls durante un'intervista al quotidiano regionale La Provence. "Sostengo quindi quelli che hanno emesso dei divieti se sono motivati dal desiderio di incoraggiare il vivere comune, senza alcun retropensiero politico", ha aggiunto sottolineando che "le spiagge, come tutti gli spazi pubblici, devono essere preservati da rivendicazioni religiose". Per Valls, il burkini "è la traduzione di un progetto politico, di contro-società, fondato chiaramente sull'asservimento della donna". Dietro questo abbigliamento, che copre la donna dalla testa ai piedi lasciando libera solo la faccia, mani e piedi, "c'è l'idea che, per natura, le donne siano indecenti, impure, e che quindi debbano essere totalmente coperte. Questo - ha ricordato il premier - non è compatibile con i valori della Francia e della Repubblica".Finora, sono sette i sindaci francesi che hanno vietato burkini sulle spiagge o hanno annunciato che lo faranno, tra cui Cannes, Villeneuve-Loubet e Mandelieu-la-Napoule, in costa d'Azzurra, Leucate vicino alla frontiera spagnola, Sisco in Corsica, Touquet in Normandia e Oye-Plage, nel nord del Paese. La prima ordinanza in tal senso risale però al luglio 2013 nel comune di Mandelieu-la-Napoule. Di fronte però all'ipotesi di una legge ad hoc, il premier francese ha preso le distanze, invitando piuttosto le autorità ad applicare rigorosamente la legge del 2010 che "vieta di portare il velo integrale nei luoghi pubblici". E in questo senso dovrebbero pronunciarsi anche "le autorità musulmane", ha aggiunto Valls, invitandole a "condannare il velo integrale e queste provocazioni che creano le condizioni per un confronto". Un'esortazione rivolta anche ai francesi di religione musulmana, tocca a loro "dire che respingono questa visione mortifera dell'Islam". Sabato scorso, il tribunale amministrativo di Nizza aveva convalidato l'ordinanza sindacale di Cannes, respingendo il ricorso che tre donne e il Collettivo contro l'islamofobia in Francia avevano presentato. Per i giudici, la legge sulla laicità s'impone sulle credenze religiose, le quali non possono derogare dalle norme comuni che regolano i rapporti tra la collettività e i privati. L'avvocato del collettivo, Seefen Guez Guez, aveva annunciato appello al Consiglio di Stato, il più alto organo giurisdizionale amministrativo francese, affermando che "questa decisione apre la porta al divioeto di qualsiasi segno religioso in pubblico". IL DIBATTITO IN ITALIAVietare o meno l'uso del burkini, il costume integrale indossato in spiaggia da diverse donne musulmane, fa discutere le parlamentari italiane. E il tema dei simboli religiosi e della libertà della donna divide gli schieramenti. Dopo il divieto introdotto nelle spiagge francesi e in quelle della Corsica, il ministro dell'Interno Angelino Alfano boccia l'ipotesi di 'copiarE' il modello d'Oltralpe. Una posizione che non trova d'accordo Matteo Salvini, leader della Lega, che definisce il burkini "un simbolo di arroganza, di sopraffazione e violenza nei confronti della donna" e, per questo, va vietato. Le parlamentari italiane, a seconda dello schieramento politico, affrontano la questione più dal punto di vista della donna e della sua libertà di scelta, che sul piano politico. Se nel centro sinistra si condivide, con sfumature diverse, la posizione di Alfano sul no al divieto del burkini - ma non per timore che possa provocare la reazione dell'islam fondamentalista - nel centrodestra il divieto dell'uso del costume integrale per le donne musulmane è un passaggio fondamentale per aiutare le donne ad emanciparsi e a rimettere al centro i valori della cultura e tradizione italiana e occidentale. "Si tratta di una vecchia discussione, che per l'Italia tra l'altro non vale, c'è già una legge, la legge Reale", ricorda Loredana De Petris, capogruppo di Sinistra italiana al Senato, che all'articolo 5 vieta 'l'uso di caschi protettivi o di qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della personà. L'uso del burkini "purtroppo spesso è segno di sottomissione più che simbolo religioso - ragiona De Petris - e quindi il tema, secondo me, non è il divieto o meno ma la necessità di investire in politiche vere di integrazione ed emancipazione della donna. Questa è la vera arma per sconfiggere il terrorismo islamico, che si nutre molto della cultura di sottomissione femminile". Di tutt'altro avviso Barbara Saltamartini, deputata della Lega: "Sono assolutamente a favore del divieto del burkini e del burka. Del resto ho sottoscritto la proposta di legge della collega Sbai", precisa. "E poi la libertà non si tutela favorendo una cultura che segrega la donna", insiste Saltamartini, secondo cui "stiamo passivamente accettando le provocazioni del mondo islamico in Italia nascondendoci dietro la scusa che lo facciamo per evitare di attirare attentati. Siamo al paradosso: per evitare di provocare gli islamici in Italia cosa dovremmo fare, accettare la poligamia come chiesto da alcuni islamici o la terribile e drammatica pratica dell'infibulazione che viene attuata in molti paesi arabi e purtroppo anche illegalmente in occidente? Al contrario di Alfano, ritengo che, se non si difende la libertà, che è evidentemente limitata per le donne islamiche, non si costruisce un futuro migliore, nè si possa in alcun modo garantire la sicurezza", conclude la vicepresidente dei leghisti a Montecitorio. Nessuna legge per impedire alle donne di compiere una libera scelta. È la posizione, personale e "non politica", tiene a specificare, della senatrice pentastellata Barbara Lezzi. "Ritengo - spiega - che se una donna vuole liberamente indossare il burkini deve poterlo fare, deve poter scegliere liberamente. Se le donne musulmane lo indossano per motivi religiosi e non perchè viene loro imposto come un obbligo credo che la legge non possa e non debba intervenire per impedirlo. La legge - conclude la senatrice pentastellata - deve intervenire laddove ci sono le organizzazioni che favoriscono il fondamentalismo e il terrorismo, laddove ci sono interessi economici nella gestione degli immigrati, laddove proliferano gli interessi". Per la 'madrina' della legge sui diritti civili alle coppie omosessuali, Monica Cirinnà, la "libera scelta e l'autodeterminazione delle donne" deve essere il faro che ci guida: "è giusto che la donna possa liberarsi del burkini" o di altri simboli "se vi è un'imposizione o un obbligo e la donna non vuole subirlo. Ma se lo indossa per libera scelta", sottolinea la senatrice del Pd, "deve essere libera di indossarlo. La notizia vera è che per una volta sono d'accordo con Alfano, ma non perchè c'è il rischio attentati, ma perchè nessun obbligo va imposto". Si augura si possa aprire in Parlamento un dialogo su questi temi la deputata del Pd Barbara Pollastrini: "Penso sia giusto vietare burqa e niqab in luoghi pubblici. Parlo di copertura totale, che continuo a credere sia un simbolo di oppressione e schiavitù delle donne. Invece, altra cosa è il velo o un costume, seppur di fattura ampia come il burkini". Sul tema, ricorda Pollastrini, "si era aperto il confronto nell'altra legislatura. Il tema richiede la ricerca dell'equilibrio tra diversi diritti. Innanzitutto i diritti umani delle donne, la libertà di scelta e la sicurezza. Spero diventi occasione di dibattito pubblico e culturale su dialogo, regole e integrazione e che le donne ne siano protagoniste".