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Giovanni Paolo I
Trentatré giorni. Tanto durò il pontificato di Albino Luciani, Papa Giovanni Paolo I, scomparso improvvisamente il 29 settembre 1978. Troppo poco, diranno in molti. Troppo poco per morire senza generare sospetti. E infatti, da allora, intorno alla sua figura si è costruita una delle più resistenti narrazioni complottiste della storia vaticana: quella secondo cui Luciani sarebbe stato assassinato, vittima di un intrigo ai vertici della Chiesa. Un Papa “scomodo”, troppo trasparente, troppo deciso a far pulizia. Ma, a guardarla bene, la versione ufficiale – un infarto fulminante nel cuore della notte – resta quella più solida. E anche quella più umana.
La teoria del complotto nasce quasi in diretta. A farla esplodere è l’anomalia, tanto banale quanto potente, di una comunicazione istituzionale pasticciata: la Santa Sede, nelle prime ore, non parla di infarto, ma di “morte improvvisa”, e tace su dettagli fondamentali.
Si scoprirà poi che fu suor Vincenza, una delle suore che assistevano il Papa, a trovarlo privo di vita nella sua camera. Non un medico, non un cardinale. Uno scenario che lascia spazio all’immaginazione, e agli interessi editoriali.
A costruire il vero impianto del sospetto sarà nel 1984 il giornalista britannico David Yallop, con il libro In God's Name. Secondo l’autore, Giovanni Paolo I sarebbe stato eliminato perché intenzionato a smantellare la rete di potere corrotta all’interno della Chiesa: in particolare lo IOR, la banca vaticana, al centro di traffici oscuri, e la loggia massonica P2, in cui alcuni prelati sarebbero stati affiliati. Yallop ipotizza persino l’uso di un veleno: una “morte pulita”, mascherata da morte naturale. I nomi? Si fanno, eccome. Marcinkus, Calvi, Sindona, e perfino il cardinale Villot. Il movente? Fermare una rivoluzione.
Il problema – per i complottisti – è che le prove mancano. Le accuse di Yallop si reggono su ricostruzioni arbitrarie, concatenazioni suggestive, testimoni anonimi. L’autore stesso ammette di non poter “dimostrare nulla al di là di ogni dubbio”, e affida il suo lavoro alla logica dell’indizio, del “non può essere una coincidenza”. Ma la verità non si fonda su suggestioni. E a distanza di quasi cinquant’anni, nessuno è riuscito a fornire elementi concreti che smentiscano la diagnosi: infarto miocardico acuto.
A disinnescare le teorie del complotto contribuiscono diversi studi, giornalistici e storici. Uno su tutti: Il sorriso di Dio, libro-inchiesta del vaticanista Andrea Tornielli, che ricostruisce gli ultimi giorni di Luciani attraverso testimonianze, carte mediche, e il diario della stessa suor Vincenza.
Giovanni Paolo I era affaticato, aveva accusato disturbi circolatori già da cardinale, e nei giorni precedenti alla morte lamentava dolori al petto e alle gambe. Non aveva mai voluto sottoporsi ad accertamenti approfonditi. Aveva anche smesso di prendere i farmaci per l’ipertensione. Era, insomma, un uomo fragile nel fisico, per quanto lucidissimo nello spirito.
A dare forza alla versione ufficiale è anche la coerenza del contesto. Luciani aveva uno stile dimesso, pastorale, lontano dalle trame di palazzo. Non aveva ancora avviato alcuna “epurazione” dentro la Curia. Aveva espresso perplessità, sì, sul ruolo dello IOR e sull’opacità dei suoi bilanci, ma non aveva preso provvedimenti concreti. E soprattutto: non aveva fatto in tempo. In trentatré giorni, non si cambia un’istituzione millenaria. Al massimo si inizia a indicare una direzione.
E allora perché, nonostante tutto, il mito del Papa assassinato resiste? Forse perché è più rassicurante pensare a un martire che a un uomo colpito da un infarto. Forse perché l’idea di un sistema criminale dentro il Vaticano alimenta il fascino oscuro del potere.
Forse perché, come in ogni morte improvvisa, la mente cerca un colpevole. Ma la realtà, spesso, non ha bisogno di congiure. Bastano una debolezza cardiaca, una notte di settembre, e un uomo solo nella sua stanza.
Luciani, in fondo, è morto come ha vissuto: in silenzio. Lasciando dietro di sé un’eco breve, ma profonda. La sua eredità morale, raccolta e rilanciata da Giovanni Paolo II, vale più di mille fantasie. Ed è proprio questa sobrietà, questa limpidezza disarmante, ad aver fatto di lui il bersaglio ideale per ogni narrazione dietrologica.
Ma chi cerca la verità, non ha bisogno di romanzi. Gli basta leggere i fatti. E onorare il ricordo di un Papa che non aveva nemici. Solo troppa umanità.