È iniziata ufficialmente oggi la consegna di aiuti alla popolazione di Gaza organizzata dagli Stati Uniti. Come parte dell'apertura graduale dei quattro punti di distribuzione, oggi hanno cominciato a funzionare i centri di Tal al Sultan e nel corridoio di Morag nell'area di Rafah, ha annunciato l'Idf. E non sono mancati momenti di tensione.

In uno dei due punti già in funzione, su quattro allestiti in totale, migliaia di persone hanno cercato di dare l'assalto alle scatole con i beni di prima necessità. Le immagini circolate sui social media mostrano una folla che tenta di avvicinarsi di corsa alle scorte in una sorta di fortino sabbioso a poca distanza dal mare.

Rumori di colpi d’arma da fuoco e tank israeliani si sono uditi mentre una folla di palestinesi provava a raggiungere un centro di distribuzione, spari in aria per disperdere la folla attribuiti all’esercito israeliano e agli agenti delle società di sicurezza private ingaggiate dalla Gaza Humanitarian Foundation (Ghf), che gestisce la distribuzione del cibo. Le Forze di difesa israeliane precisano di non aver “eseguito attacchi aerei contro il centro di distribuzione degli aiuti umanitari nella zona di Rafah” ma di aver “effettuato spari di avvertimento nell'area esterna al complesso” di distribuzione degli aiuti.

A guardia dei centri sono stati chiamati i contractor della Safe Research Solutions (Srs), che già aveva controllato gli accessi all'enclave durante il cessate il fuoco Dopo giorni di confusione e false partenze, non era difficile prevedere il caos di oggi. Ghf ha accusato Hamas di avere allestito posti di blocco per impedire alla gente di arrivare ai centri. Ma raggiungere i quattro punti in cui si distribuiscono gli aiuti è comunque molto, molto complicato.

In media, secondo fonti palestinesi, bisogna fare 15 chilometri a piedi per ricevere razioni che sarebbero sufficienti per pochi giorni a una popolazione alla fame da quasi tre mesi. A quanto si vede in un video diffuso dai media palestinesi, ogni scatola contiene tre confezioni di pasta, due sacchi da un chilo di riso ciascuno, un altro di lenticchie rosse e scatolette di pomodori e ceci. La fondazione sostiene di avere distribuito finora 8.000 pacchi alimentari, per circa 462.000 pasti. Per la Ghf lavorerebbero tre agenzie internazionali: la International Human Rights Commission (Ihrc), la Rahma e la Multifaith Alliance, le ultime due americane.

Uniche ad aver accettato di lavorare per Israele, hanno un magazzino con circa 24.000 scatole al valico di Kerem Shalom nel sud della Striscia. Le Nazioni Unite e le tante Ong nell'area si sono invece rifiutate. E continuano a criticare Israele e Stati Uniti per il piano. "E' una distrazione da ciò che è effettivamente necessario: la riapertura di tutti i valichi di Gaza e l'ingresso di più forniture d'emergenza", ha spiegato Jens Laerke, portavoce dell'Ufficio umanitario delle Nazioni Unite (Ocha). Proprio a sostegno delle operazioni dell'Onu vanno gli aiuti del programma italiano “Food for Gaza”. Quindici camion sono entrati nella Striscia con aiuti che saranno distribuiti dal Programma alimentare mondiale.