«Vi chiedo scusa, ho sbagliato, ma che posso farci: sono un drogato di libertà. Vedete, oggi mi sono messo le scarpe da ginnastica perché non si sa mai...». Quando un imputato si rivolge così al tribunale che lo deve giudicare per una spettacolare evasione in elicottero avvenuta nel 2018, la terza della sua lunga carriera da fuorilegge, capisci subito di avere a che fare con una persona speciale.

E infatti la vita e la personalità del 52enne Rédoine Faïd non hanno davvero nulla di ordinario, i francesi che da un quarto di secolo seguono il suo fitto romanzo criminale lo sanno bene: nel 2010 Faïd ha persino pubblicato un’avvincente autobiografia, Braqueur. Des cités au grand banditisme che fu uno straordinario successo di vendite ma anche di critica, con lusinghieri accostamenti alla gloriosa tradizione del polar transalpino.

Faïd è nato a Creux, uno squallido sobborgo dell’Oise nella grande banlieue di Parigi, figlio di un operaio di origine algerina era destinato come i suoi fratelli a un’esistenza anonima e modesta ma, fin da bambino, in lui c’era qualcosa di diverso, di irrequieto, una specie di smania intrecciata all’ambizione di diventare “qualcuno”. Come racconta nel suo libro magari con qualche licenza letteraria, il primo furto lo ha compiuto ad appena sei anni, rubando dolciumi da un supermercato, ma la «vocazione», quella è sopraggiunta quando ne aveva 12.

Faïd è intelligente e coraggioso, abile nella pianificazione e nella fuga e da, piccolo delinquente di strada, diventa in pochi anni un bandito di tutto rispetto, al punto da guadagnarsi il minaccioso, soprannome di “terrore di Creux”. Comincia con una rapina in banca quando era ancora al liceo, poi si specializza negli assalti armati ai furgoni portavalori, azioni eclatanti compiute nelle bretelle autostradali o nelle arterie di provincia, «il top del top» come disse una volta a un giornalista, ma lui giura di non amare affatto la violenza gratuita, di non aver mai sparato a nessuno, nemmeno un ferito, niente droga, niente eccessi e altri cliché.

Quasi un ladro gentiluomo che rivendica con fierezza di appartenere a un’aristocrazia criminale in via di estinzione: Faïd si esprime in un francese fluente, ama leggere, esibisce con tutti un grande sorriso e i suoi modi sono sempre affabili e fascinosi, quanto di più lontano dal classico raìs di banlieue imbevuto di violenza e testosterone. Solo una volta è stato implicato in un crimine di sangue, l’omicidio di una giovane poliziotta di 26 anni che nel 2010 è morta in una sparatoria a colpi di kalashnikov con una banda di rapinatori. Per la procura Faïd era presente, lui ha sempre negato e alla fine i giudici gli hanno creduto scagionandolo dall’odiosa accusa di omicidio.

Secondo i poliziotti e i magistrati che hanno avuto a che fare con lui nel corso dei tanti arresti, Faïd è un abilissimo manipolatore, un profilo criminale di rilievo e del tutto atipico nel suo ambiente. Tra i vari deliri di onnipotenza si era convinto di dover raggiungere la perfezione nel suo campo professionale e per alcuni mesi si è trasferito in Israele per un “perfezionamento”, un gruppo legato alla mafia locale gli insegna a confezionare potenti esplosivi al plastico.

Gli piacciono da matti i film di gangster e i western d’autore, il suo regista preferito è lo statunitense Sam Peckimpah e non a caso nell’ambiente si fa chiamare “Doc”, il personaggio interpretato da Steve McQueen in Getaway. Adora anche Heat del cineasta Michael Mann, spiegandosi di essersi ispirato a Robert De Niro che nel film svaligia furgoni come lui.Negli oltre 17 anni che ha fin qui passato dietro le sbarre psicologi ed esperti si sono accalcati per definire la personalità o “le” personalità di Faïd, «un predatore sociale» recita la diagnosi più dura, «un istrione», un «narcisista», «un malato di adrenalina», dicono in modo più sfumato altre perizie. Probabilmente il bandito più famoso di Francia è un po’ tutte queste cose insieme. E uno così fai fatica a tenerlo in una cella, finché avrà forza e convinzione Rédoine Faïd volgerà sempre lo sguardo oltre le mura del carcere, in cerca di un’altra occasione, di un’altra evasione.