"È altamente probabile" che il giudice relatore della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, Nicola Russo, "sia stato indebitamente retribuito da Stefano Ricucci in cambio della indebita rivelazione e/o anche dello sviamento della decisione in favore della società del gruppo Magiste. Depongono in tale senso: l'acquisizione di una ingente somma in contanti da parte di Ricucci nel periodo della decisione, gli acquisti di un'auto e di un immobile effettuati da Russo immediatamente dopo la sentenza, la presentazione da parte di Ricucci del Russo e di una donna presso l'hotel Valadier dove i due hanno soggiornato senza essere registrati e pagando in contanti con fattura emessa a nome di una altra persona e lo smodato tenore di vita di Russo". Lo sostiene la Procura di Roma che, in relazione al reato di rivelazione del segreto d'ufficio per la comunicazione a Ricucci del provvedimento che gli dava ragione nel contenzioso con l'Agenzia delle Entrate, prima che il provvedimento venisse depositato, aveva sollecitato per Russo l'applicazione della misura interdittiva della sospensione dall'esercizio della professione.Il gip Gaspare Sturzo non è stato dello stesso avviso e ha rigettato la richiesta cautelare per insufficienza degli indizi (la Procura farà appello al riesame), così come non ha creduto alla susssistenza di una ipotesi corruttiva perchè le indagini non hanno provato l'esistenza di pagamenti effettuati dall'immobiliarista al magistrato: Russo, infatti, "ha una posizione economica che non appare florida, piuttosto in grave difficoltà per un eccesso di spese. Tale dato - spiega il giudice - appare sintomatico della carenza di altre entrate, anche occulte, in grado di pareggiare i debiti e le consolidate esposizioni". Per la Procura, comunque, ci sono diversi elementi per sostenere che Ricucci e Russo si conoscessero e si fossero frequentati nell'arco temporale che separava la decisione della Commissione Tributaria (dicembre 2014) dalla pubblicazione della stessa (aprile 2015) che ribaltava la sentenza di primo grado favorevole all'Agenzia delle Entrate. Tra questi, il fatto che la moglie del magistrato lavorasse presso lo studio legale che ha curato per l'immobiliarista il ricorso contro la Agenzia delle Entrate, la circostanza che la figlia di Russo frequentasse il figlio di Ricucci e che lo stesso giudice relatore conoscesse Liberato Lo Conte, considerato dagli inquirenti un prestanome di Ricucci. Per gli inquirenti, inoltre, nella decisione della Commissione Tributaria Regionale assunta a favore del Gruppo Magiste ci sono ampi stralci copiati ed incollati della memoria presentata dai legali di Ricucci, compresi gli errori di battitura.CHI E' STEFANO RICUCCIDue la frasi celebri di Stefano Ricucci: "Ma che stiamo a fà i furbetti del quartierino?" e, "ma che volete fà, i froci con il c... degli altri", alla ribalta delle cronache finanziarie, e poi giudiziarie, prima con la scalata a Rcs nel 2003, poi con quella a nell'estate del 2005 di Unipol a Bnl. All'epoca, Ricucci si presentava così: "Sono il figlio di un autista dell'Atac che dai 14 anni lavora senza l'aiuto di nessuno". Nato nei Castelli Romani, a Zagarolo, l'11 ottobre 1962, frequenta la scuole medie a San Cesareo. Poi si mette a fare il cameriere e a vendere bibite. Più tardi si iscrive all'istituto Eastman del Policlinico di Roma dove studia da odontotecnico. Mentre studia, il giovane Ricucci arrotonda facendo pratica in uno studio dentistico della periferia romana, a Centocelle. "Pulivo i locali, spiavo i medici e imparavo", rivelerà poi. Preso il diploma, viene assunto come odototecncico all'Eastman, a un milione e 200 mila lire la mese. Ma già pensa da imprenditore e recluta cinque dentisti che, pagati a percentuale, cominciano a lavorare per lui in due studi che apre a San Cesareo e Palestrina. Gli affari vanno bene e così apre un altro studio a Carchitti e inizia una collaborazione stretta con il laboratorio 'Smilè che gli fornisce i materiali. Da lì poco entra in società con i proprietari dello stabilimento e in pochi mesi conquista la maggioranza della società. "A 23 anni fatturavo già 6 miliardi", sintetizzava Ricucci. Pochi anni e siamo già alla fase 'immobiliaristà. Appena diciannovenne e mentre già lavora con gli studi dentistici, Ricucci si lancia anche sul mattone. Sua madre Gina eredita in quegli anni un terreno che diventa edificabile. Il figlio tenta inutilmente di costituire una società con un imprenditore del settore. L'offerta viene respinta, ma gli viene proposto di scambiare il pezzo di terra con tre appartamenti. Un affare che, secondo quanto raccontato da Ricucci, frutterà 249 milioni, la prima succosa plusvalenza, visto che poi riesce a vendere gli immobili a 376 milioni. A questo punto diventa tutto un crescendo di guadagni. Si mette in affari con Gino Mistura, un costruttore che a Zagarolo sta realizzando un centro commerciale, e acquista 10 negozi nello 'shopping center' che subito rivende con un'operazione lampo che gli frutta 2 miliardi e 150 milioni. A 27 anni arriva il momento di fondare la sua Magiste (i nomi dei suoi genitori e il suo: MAtteo+GIna+STEfano. Società che gestisce un giro sempre più grandi di appartamenti, villini, negozi e altre attività immobiliari. Arriva, però, anche il primo incidente di percorso. La società di costruzione Cosport, di Ricucci e di altri imprenditori della zona, finisce pignorata, ma il protagonista della storia esce dalla vicenda senza danni. A metà degli anni Novanta, il vero salto di qualità. Ricucci liquida parte delle sue attività e si trasferisce a Roma dove, grazie ai finanziamenti delle banche, compra e vende sempre di più. È un giro imponente: centri commerciali, appartamenti e immobili di lusso nel centro storico della capitale. Nel 2001 tenta di comprare il biglietto d'ingresso nel salotto della finanza e si rivolge a Emilio Gnutti, per vendergli una parte dei suoi immobili. In cambio incassa 340 miliardi, ma acquista anche una quota in Hopa e il 5% di Investimenti Immobiliari lombardi e una partecipazione in Banca Valori. Non solo, nel suo portafoglio entra anche il 4,99% della Popolare di Lodi. Ormai sotto la luce dei riflettori, l'immobiliarista dà inizio ai 'raid' su Capitalia e Bnl (arriva fino al 5% di via Minghetti e al 3,6% di via Veneto). Ma Ricucci fa il suo ingresso anche nel mondo del jet-set. Dopo essersi separato dalla prima moglie, l'imprenditore si fidanza con l'attrice Anna Falchi, che sposa a Porto Santo Stefano. È un'estate di speculazioni finanziarie. Ricucci tenta la carta più ambiziosa: la scalata al gruppo Rcs, che controlla il Corriere della Sera, di cui era arrivato a possedere il 20% delle azioni. È però l'inizio della caduta per l'Icaro della finanza italiana che finisce indagato per aggiotaggio. Nel 2005 è protagonista della vicenda Bnl-Antonveneta e della scalata Bnl-Unipol. Dalla vicenda Antonveneta, Ricucci esce patteggiando un anno di pena nel 2008 e la confisca di 29 milioni di plusvalenze, "una maniera - disse - per continuare a fare il proprio lavoro". Per la scalata Bnl-Unipol, quella per cui l'ex governatore di Banca d'Italia Antonio Fazio fu condannato a tre anni e mezzo, fu condannato a un anno e sette mesi. La il Pg di Cassazione ha poi chiesto, il 30 ottobre 2013, il non doversi procedere per intervenuta prescrizione.