E' il nuovo presidente dell'Anm. Ma Pier Camillo Davigo, giudice di Cassazione e storico pm di Mani pulite, rischia di diventare uno dei più forti avversari di Renzi. Sui temi della giustizia, certo: che però sono sempre molto centrali nel dibattito pubblico. Da ieri di sicuro la maggioranza e il governo avranno qualche problema in più sulle nuove regole per le intercettazioni. Tanto che lo stesso premier assicura: "Il governo non toccherà la riforma". Come ricorda il responsabile Giustizia del Pd Davide Ermini, “prima dell'estate” potrebbe arrivare il via libera del Senato sulla legge delega, già approvata alla Camera. Davigo fa subito sapere di non essere d'accordo: nell'intervista uscita ieri su Repubblica, il nuovo leader dell'Associazione magistrati dice che un intervento sugli ascolti sarebbe “superfluo”. A suo giudizio “la pubblicazione di intercettazioni davvero non pertinenti è già vietata dalla legge penale, quanto meno dal reato di diffamazione”. Perciò, “se si ritiene che le pene per la diffamazione non siano adeguate, basta aumentare quelle”.Una diga totale su uno dei dossier più caldi. Un segnale chiarissimo sulla natura dei futuri rapporti tra magistratura e governo. Davigo d'altronde non è stato scelto a caso dai suoi colleghi. Oltre ad avere il merito di aver raccolto il maggior numero di voti, il “duro” che ha fondato la corrente Autonomia e indipendenza consente alle toghe di schierare il profilo più intransigente in una fase molto delicata. Dopo le critiche rivolte da Renzi ai pm di Potenza sono tornate a galla tensioni appena sopite negli ultimi tempi. Nella “pancia” della magistratura cova un diffuso malumore per gli interventi sulle ferie e sulla responsabilità civile. A questo si aggiunga lo smarrimento avvertito da molti giudici per le divisioni tra le diverse componenti del mondo togato. Davigo ha quindi anche il merito di sciogliere tutte queste incognite con i suoi modi taglienti e poco inclini alla diplomazia. Il suo mandato di presidente Anm, pur destinato a interrompersi tra un anno, è dunque tutt'altro che una buona notizia per il presidente del Consiglio.