Il ministro della Difesa ad interim della Corea del Sud, Kim Seon-ho, ha dichiarato che le forze armate non eseguiranno ordini relativi all'imposizione della legge marziale da parte del presidente Yoon Suk Yeol. Durante una conferenza stampa emergenziale, Kim ha smentito le indiscrezioni di una nuova proclamazione imminente: «Anche se esistesse un ordine, non lo accetteremmo».

Accuse e prove del Center for Military Human Rights Korea

Un'organizzazione per i diritti umani sudcoreana, il Center for Military Human Rights Korea, ha accusato Yoon Suk Yeol di pianificare un ulteriore ricorso alla legge marziale. Secondo il gruppo, i comandanti dell'esercito avrebbero ricevuto istruzioni per essere pronti a una convocazione di emergenza. L'Esercito, inoltre, ha imposto un divieto temporaneo di licenze fino a domenica, alimentando i timori di una nuova crisi.

Indagini sul presidente e su alti funzionari

L'Agenzia nazionale di polizia ha avviato un'indagine per tradimento contro Yoon Suk Yeol, in seguito alla proclamazione della legge marziale. Le denunce, presentate dal Partito di ricostruzione della Corea e da 59 attivisti politici, riguardano anche altri alti funzionari. Tra questi, l'ex ministro della Difesa Kim Yong-hyun, a cui è stato vietato di lasciare il Paese, e il capo di Stato maggiore generale Park An-su, che ha presentato le dimissioni.

Reazioni e conseguenze politiche

La proclamazione della legge marziale ha scatenato una crisi senza precedenti, portando le opposizioni a parlare di abuso di potere e tradimento. Il presidente Yoon è accusato di considerare la legge marziale come un'opzione politica per rafforzare il controllo sul Paese.

La democrazia in bilico

La vicenda solleva interrogativi sulla stabilità democratica della Corea del Sud, con istituzioni come la difesa e la polizia che prendono posizioni ferme contro il presidente.