A 85 anni l’idea di passare la fine della sua vita in prigione gli doveva sembrare insopportabile. Come i fantasmi di un passato sanguinario, che lo avevano riacciuffato dopo decenni, quando nel 2013 la procura della capitale cilena lo accusa assieme ad altri sei ufficiali (Raúl Jofré González, Edwin Dimter Bianchi, Nelson Haase Mazzei, Ernesto Bethke Wulf y Juan Jara Quintan) del brutale assassinio del cantautore comunista Victor Jara, torturato e ucciso pochi giorni dopo il golpe militare dell’ 11 settembre 1973 sostenuto da Washington. Lunedì scorso la fine della saga giudiziaria con la Corte suprema che ha confermato la condanna a 25 anni di prigione.

Ma il generale Hernan Chacon ha preferito finirla prima, sparandosi un colpo di pistola alla tempia nel suo appartamento di Santiago davanti gli agenti che lo stavano trasferendo in carcere: «Non hanno fatto in tempo ad intervenire» ha spiegato il procuratore Claudio Suazo.

Nelle ore che seguirono il colpo di stato di Augusto Pinochet e la morte del presidente Allende, i servizi segreti militari e carabineros organizzano una retata di massa: oltre seimila persone, in gran parte studenti, professori, intellettuali, artisti e attivisti, vengono trasportate a forza nel famigerato Estadio National (dal 2003 porta il nome di Jara) che diventa un campo di concentramento per gli oppositori. Jara è arrestato dalla polizia che lo “sorprende” nei locali dell’università politecnica mentre stava partecipando all’inaugurazione di una mostra sul fascismo. Non lo riconoscono immediatamente ma lo portano allo stadio assieme a centinaia di altri studenti. Quando una guardia si rende conto che quell’uomo dai capelli lunghi è il celebre Victor Jara, inizia lo scempio.

Come rivelerà l’autopsia effettuata nel dicembre 2009 sotto richiesta dei giudici e come hanno confermato le testimonianze dei sopravvissuti, la sua morte fu atroce: prima di ucciderlo i carnefici gli spezzano tutte le dita, poi gli tagliano le mani e lo irridono con crudeltà: «Ora prova a suonare la chitarra se ne sei capace!».

L’inchiesta giudiziaria ha stabilito che le torture durarono quattro giorni e gli furono inflitte «in modo permanente», oltre cinquanta le fratture ossee disseminate in tutto il corpo mentre la causa del decesso è da attribuire a una fatale raffica di mitra, crivellato da 44 pallottole. Il suo corpo fu ritrovato il 16 settembre del 1973 in un terreno abbandonato a pochi passi dal cimitero di Santiago e consegnato clandestinamente alla famiglia da un funzionario del governo, evidentemente disgustato dalla repressione di quei giorni. Aveva 40 anni.

Il regime militare lo odiava e lo temeva al punto di ordinare il rogo di tutti i suoi dischi e anche la distruzione delle matrici, proprio come fecero i nazionalsocialisti tedeschi nel celebre rogo di Berlino del 10 maggio 1933 quando diedero alle fiamme oltre 20mila opere “antigermaniche”.

Victor Jara era il simbolo della cosiddetta “nuova canzone cilena”, un’artista di talento, politicamente impegnato fin dalla contestazione della guerra in Vietnam e delle politiche statunitensi nel “cortile di casa”, era molto apprezzato anche oltre le frontiere dell’America latina; Bob Dylan ha più volte affermato di aver trovato una grande fonte di ispirazione nella sua musica e nei suoi testi mentre sia gli U2 che Bruce Springsteen nel corso degli anni hanno reso omaggio alla sua arte e al suo martirio.

Durante il processo il generale Chacon ha negato le sue responsabilità nell’assassinio di Jara affermando che lui allo Stadio National svolgeva una funzione secondaria, che si occupava della sicurezza esterna e non dei prigionieri. Nel corso delle udienze, decine di testimoni lo hanno smentito, in particolare ex colleghi: Chacon era tra i principali ideatori ed esecutori delle torture avvenute all’interno dello stadio, un fedelissimo dell cerchio magico di Pinochet, un feroce e sadico anticomunista, e il tribunale alla fine lo ha giudicato colpevole di omicidio volontario.