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Padre Paolo Benanti presiede il comitato per l'intelligenza artificiale istituito presso il Dipartimento per l'informazione e l'editoria della presidenza del Consiglio dei ministri. Ieri ha partecipato ad una audizione davanti alla commissione di vigilanza Rai. «La nostra commissione - ha affermato la presidente, Barbara Floridia (senatrice del M5S) - osserva con attenzione gli impatti dell’IA nei settori dell’informazione e dell’editoria. Per questo intendiamo acquisire ulteriori informazioni rispetto agli strumenti esistenti e in grado di influire sul modo di fare informazione».
L’intervento di Benanti si è articolato su più direttrici, avendo come punti di riferimento i ruoli del giornalismo, degli editori e del digitale. «Stanno emergendo – ha spiegato - tre grandi temi. Il primo riguarda la figura del giornalista, fondamentale per nutrire l’opinione pubblica e per sostenere il funzionamento democratico. Il giornalista, oggi, secondo le tendenze più radicali, potrebbe essere un elemento secondario nella produzione della notizia. Potrebbe automatizzarsi il processo delle informazioni e potrebbero esistere redazioni senza giornalisti. La prima grande sfida è il riconoscimento professionale in una stagione in cui gli aggregatori di notizie basati sull’intelligenza artificiale generativa possono produrre una certa quantità di cose assimilabili al lavoro umano».
Il teologo si è soffermato, nel contesto in cui l’IA prende sempre più il sopravvento, sulle prospettive future del lavoro giornalistico e sulla competizione commerciale nell’editoria. Al centro delle riflessioni di padre Benanti l’attività dei grandi colossi della tecnologia, «che non rispondono ad una identificazione come gli editori» e che pongono rilevanti questioni giuridiche non secondarie dato che si muovono su scala globale. «L’Europa - ha aggiunto il presidente del comitato sulla IA - gioca un ruolo importante con l’IA Act. Da quanto esaminato emergono, poi, altri sotto-temi. Pensiamo a come si può garantire un pezzo scritto da un giornalista, filigranare ciò che l’umano ha prodotto e renderlo riconoscibile come tale. Tutte le volte che navighiamo su un sito si nota un simbolo: il lucchetto. Il problema che si pone, dunque, è come far riconoscere ciò che è un prodotto umano, ciò che risponde ad una responsabilità individuale ed editoriale e renderlo visibile».
Di non poco conto altresì il tema dello spazio del digitale e la facilità di produzione di contenuti a tutti i livelli. Se i contenuti diventano verosimili e difficilmente distinguibili, la disinformazione rischia di prevalere e le urgenti questioni, anche a livello internazionale, che si pongono devono essere affrontarecon appropriati strumenti giuridici.
Padre Benanti ha sottoposto ai parlamentari presenti il tema del massiccio uso dei social network e delle ripercussioni sulla nostra vita quotidiana. Illuminante la metafora utilizzata. Le piattaforme sono state definite come “un elefante in una stanza”: «La giurisprudenza è timida nel riconoscere loro il ruolo di editore. Oggi sono nove le compagnie globali che gestiscono l’innovazione della IA con un valore di capitalizzazione superiore al trilione di dollari. Conglomerati enormi più forti economicamente anche di alcuni Stati. Queste società monetizzano i dati prodotti e trasferiti dagli utenti, in base a quello che l’algoritmo capisce che la persona vuole. I social network consentono a ciascuno di noi di narrare “il sé che pensa di essere”. L’algoritmo propone contenuti che lui sa che a me interessano. Le piattaforme, quindi, monetizzano in parte delle relazioni sociali e mettono all’esterno quello che la società consuma». Insomma, i temi da affrontare e da inserire in una cornice giuridica sono tanti e si innestano nella discussione politica in merito alla possibilità di influenzare i cittadini in qualità di elettori.
Mentre padre Paolo Benanti parlava a Palazzo San Macuto, Sam Altman di OpenAI veniva ospitato nel vertice degli uomini e delle donne più potenti del pianeta, a Davos, durante il World economic forum. Il geniale e visionario imprenditore, intervistato dal giornalista Fareed Zakaria, si è espresso sulle «paure attorno all’intelligenza artificiale generativa». «C’è una parte delle preoccupazioni che è corretta», ha detto. «Questa tecnologia è molto, molto potente e non sappiamo cosa può succedere. Può andare in modo molto sbagliato. Ma possiamo prendere precauzioni per renderla sicura». I rischi sono dietro l’angolo, ma la possibilità di evitarli sta nelle capacità e nell’intelligenza umana. «Gli esseri umani – ha concluso Altman - continueranno a decidere cosa dovrebbe accadere nel mondo indipendentemente dall’ascesa dell’intelligenza artificiale».