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Joe Biden, presidente degli Stati Uniti d'America
Non è la prima volta che Joe Biden lancia l’allarme per il dilagare di atti antisemiti nelle università d’oltreoceano, ma ora il presidente Usa punta il dito anche contro le stesse istituzioni accademiche «silenti e quindi complici» dell’ammorbante clima che si respira nei campus d’oltreoceano, dove le legittime iniziative in solidarietà alla causa palestinese degenerano da tempo in minacce insulti e intimidazioni nei confronti degli studenti ebrei.
«L’antisemitismo non è accettabile, è riprovevole e pericoloso e non deve trovare nessuno spazio nelle nostre università. Il silenzio in questo caso è sempre complicità», ha tuonato l’inquilino della Casa Bianca domenica scorsa, celebrando la ricorrenza della Pasqua ebraica e promettendo «un ferreo impegno» per combattere questa piaga..
Le parole di Biden arrivano dopo che lo scorso fine settimana decine di studenti ebrei hanno denunciato atti intimidatori nel campus della Columbia University a New York sovw si sono svolte diverse manifestazioni. Come si osserva su diversi filmati che circolano in rete e sui social un gruppo di attivisti pro-Pal ha aggredito verbalmente dei giovani ebrei con slogan che ricordano in modo inquietante quelli dell’estrema destra: «Tornatevene in Polonia!», il più gettonato. Non sono mancati i macabri riferimenti agli attentati di Hamas: «Ogni giorno per voi sarà il 7 ottobre!». Le invocazioni a favore del movimento islamista palestinese sembra siano la norma alla Columbia, come ha riferito il sindaco di New York Eric Adams: «Diversi agenti di polizia presenti nel campus hanno sentito gridare “Noi siamo Hamas” dai gruppi di manifestanti».
Intemperanze di alcuni esagitati che «non rappresentano i movimenti studenteschi» minimizzano gli organizzatori delle manifestazioni che si sono svolte alla Columbia ma anche nella vicina università di Yale, spiegando che loro sarebbero antisionisti e non antisemiti.
Pur ribadendo il «diritto a manifestare le proprie idee» protetto dal primo emendamento, Biden avverte che «le violenze e le minacce» non verranno tollerate. Andrew Bates, vice-capo della comunicazione della Casa Bianca ha commentato così le immagini in cui gli studenti compiono la raggelante apologia del 7 ottobre, salutando la “resistenza” di Hamas : «È spregevole far eco alla retorica delle organizzazioni terroristiche, soprattutto sulla scia del peggior massacro commesso contro il popolo ebraico dai tempi dell’Olocausto».
Il presidente della Columbia Minouche Shafik sentendosi chiamato in causa ha da parte sua confermato i timori di Biden: «Gli studenti hanno espresso timori per la loro sicurezza e abbiamo annunciato ulteriori azioni per poterli proteggere». Molti ragazzi ebrei iscritti alla Columbia hanno raccolto l’appello del rabbino Elie Buechler, direttore del programma dell’Unione ortodossa-Jewish Learning Initiative, che su What’s App li invita a rimanere a casa fino a quando non sarà garantita la loro sicurezza.
Dopo gli attentati del 7 ottobre e la feroce rappresaglia nella Striscia di Gaza lanciata dal governo Netanyahu, la tensione nelle università statunitensi è salita alle stelle con i rettori spesso incapaci di prendere posizione a favore dei propri allievi di religione ebraica. E a volte loro stessi in prima linea ad alimentare o comunque a giustificare il clima d’odio.
Secondo le associazioni della comunità ebraica americana la reticenza se non proprio l’allergia delle autorità universitarie nel denunciare le derive antisemite degli studenti all’interno dei campus sarebbero dovute non solo a pregiudizi ideologici o a una malcelata giudeofobia ma anche al timore di perdere i generosi finanziamenti provenienti da paesi arabi come il Qatar, molto presenti nelle università americane.
Lo scorso dicembre Liz Magill, presidente dell’Università della Pennsylvania si era dovuta dimettere dopo una catastrofica audizione al Congresso in cui si è rifiutata di ammettere che invocare pubblicamente il genocidio degli ebrei costituisce una violazione dei codici di condotta dell’ateneo, specificando che dipenderebbe dal «contesto».